Arcivescovo di Baghdad: il Papa in Libano, segno di “ottimismo” per il Medio oriente
Baghdad (AsiaNews) - "Viviamo la visita del Papa in Medio oriente all'insegna della spiritualità", con uno stato d'animo "profondamente ottimista", perché la sua presenza sarà "una benedizione per tutti noi". Con queste parole mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo latino di Baghdad, commenta il viaggio di Benedetto XVI in Libano in programma dal 14 al 16 settembre. AsiaNews ha raggiunto il prelato al telefono, mentre si trovava all'aeroporto in attesa di imbarcarsi sul volo che lo condurrà a Beirut, per prendere parte all'incontro fra il Pontefice e le Chiese mediorientali. La visita del Papa avviene in un quadro di violenze e tensione nella regione, che vede un riacutizzarsi improvviso in questi giorni con l'attacco alle ambasciate Usa in Libia, Egitto e Yemen, in risposta alla diffusione di un film blasfemo sull'islam negli Stati Uniti.
Mons. Sleiman confida ad AsiaNews la speranza che "non anneghino" il viaggio del Papa "nelle polemiche politiche" di un "mondo complicato". "Egli - ricorda il prelato - viene per affidare un messaggio alle Chiese, di comunione e testimonianza, come emerso nel Sinodo" dell'ottobre 2010 in Vaticano. "Spero possa trasmettere questo messaggio e che esso venga davvero ascoltato da tutti". L'arcivescovo dei Latini di Baghdad aggiunge che "se lo applichiamo, ci sarà molta più comunione e, di conseguenza, unità e credibilità". "Unità e credibilità" sono i mezzi per "ravvivare la speranza" in seno alla comunità cristiana, perché "questo è il nostro problema oggi".
In riferimento agli sforzi intrapresi nel dialogo interreligioso islamo-cristiano, mons. Sleiman ricorda che "i rapporti coi musulmani sono presi sul serio in Vaticano" e "il Sinodo ha insistito molto su queste relazioni e certamente questo avverrà anche nell'Esortazione apostolica". Tuttavia, il prelato sottolinea che "i problemi sono altrove, perché non è in Medio oriente" che vengono prodotti "film o gesti che creano tensioni".
"Noi paghiamo per gente - puntualizza l'arcivescovo - che pensa che libertà significhi fare qualsiasi cosa, umiliare o attaccare gli altri. E questo non vale solo per i musulmani, ma anche per i cattolici che spesso sono umiliati in nome di una presunta libertà". Al riguardo egli cita l'esempio della cantante Madonna, che "usa simboli cristiani e il Papa in modo dissacratorio". "Certo noi non possiamo rispondere alla violenza con la violenza - chiarisce mons. Sleiman - non facciamo la guerra, ma bisogna tornare all'essenziale e capire che libertà è anche rispetto per gli altri".
Infine un pensiero alla Chiesa irakena e ai riflessi della visita di Benedetto XVI in Medio oriente. I problemi fondamentali, sottolinea, sono "la sua unità e la necessità di ridare fiducia alla gente". "Quando una famiglia irakena - racconta con amarezza - con origini che risalgono anche al primo secolo, afferma di non aver più legami con questo Paese è una cosa grave. Molti se ne vanno non perché perseguitati o perché in pericolo, ma perché hanno paura e non vedono speranza per il futuro". "Dobbiamo dare un messaggio credibile - conclude mons. Sleiman - e se la Chiesa applicherà l'Esortazione apostolica, non potrà non raccoglierne i frutti. Sia nella Chiesa caldea, che è maggioritaria, sia nelle Chiese autonome, sono importanti unità e armonia".(DS)
16/09/2012