Arabia Saudita, pugno di ferro contro la rivolta dei lavoratori migranti
Riyadh (AsiaNews/ Agenzie) - Oltre 23mila migranti etiopi si arrendono alle autorità saudite dopo giorni di rivolte nei sobborghi di Riyadh contro il giro di vite del governo sugli immigrati illegali. La polizia saudita sostiene che finora le vittime degli scontri sono cinque (tre sauditi, un sudanese e un etiope), ma secondo l'ambasciata dell'Etiopia sarebbero almeno tre i migranti uccisi.
La rivolta è iniziata lo scorso 11 novembre a Manfuhah, uno dei quartieri più poveri della capitale saudita dove vivono migliaia di migranti, per contestare l'ondata di arresti, fermi ed espulsioni organizzata dal governo saudita dopo la scadenza dell'amnistia per i clandestini emigrati nel regno per lavoro. Ieri migranti etiopi hanno bloccato il traffico cittadino della capitale, lanciando sassi e oggetti contro agenti e passanti, ferendo almeno 70 persone. La polizia ha reagito con forza caricando i manifestanti e arrestando 561 clandestini. Negli scontri sono morte cinque persone, ma la loro nazionalità è ancora da stabilire con certezza.
Ieri, Khaled bin Bandar bin Abdulaziz, governatore di Riyadh, ha risposto alle accuse di un accanimento contro gli etiopi sostenendo che il giro di vite riguarda tutti gli immigrati clandestini e non un " gruppo specifico ". "Continueremo queste campagne - ha affermato - finché tutti coloro che risiedono nel nostro Paese avranno regolari documenti".
Varato nel gennaio 2013, il bando dei clandestini è stato congelato alcuni mesi fa per consentire ai milioni di migranti residenti nel regno di legalizzare la loro posizione entro il 3 novembre. Finora circa 4 milioni di clandestini hanno regolarizzato la loro posizione, accettando condizioni di lavoro disumane.
La monarchia islamica sostiene che il bando è necessario per ridurre il tasso di disoccupazione fra i cittadini, pari al 12%, e imporre alle imprese di assumere 1 lavoratore saudita ogni 10 migranti, questi ultimi preferiti ai residenti perché costretti a lavorare in condizione di semi schiavitù. Negli ultimi tre mesi quasi due milioni fra bengalesi, indiani, filippini, nepalesi, pakistani e yemeniti sono stati espulsi dal Paese. Fonti del governo affermano che circa 30mila sono stati rimpatriati nelle ultime due settimane.
Fadal Abu Ainain, economista e consulente per diverse aziende private, ha dichiarato all'agenzia di stampa ArabNews che la campagna ha lasciato vacante circa il 20% dei posti di lavoro. Per l'esperto saudita "tale situazione è positiva perché costringerà le aziende ad assumere lavoratori locali".