Appello dell’Onu: ‘Serve cibo per oltre 10 milioni di siriani’
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Entro la fine dell'anno almeno 10 milioni di siriani avranno bisogno di sostegno umanitario. Con oltre 2 milioni di profughi accertati dall'Unhcr e 16,5 miliardi di dollari di danni materiali calcolati dal ministero degli Interni di Damasco, le Nazioni Unite stimano che, già dal prossimo dicembre, il 50% delle popolazione non sarà in grado di provvedere a se stessa. "È una catastrofe che non ha precedenti - spiega Gary Quinaln, ambasciatore australiano presso l'organizzazione - la guerra in Siria produce un rifugiato ogni 15 secondi".
Di fronte alla "tragedia umanitaria", il Consiglio di Sicurezza ha chiesto alle autorità siriane "misure tempestive", pretendendo che sia consentito l'accesso ai convogli Onu anche attraverso le frontiere dei Paesi confinanti. "Se dovesse essere approvato questo provvedimento, saremmo in grado di raggiungere 2 milioni di persone in più - spiega Valérie Amos, a capo delle operazioni umanitarie - persone che sono situate in aree del Paese isolate da mesi".
Immediato il disappunto di Mosca - principale alleata di Assad - che, intimorita dalla possibilità che ciò possa avvantaggiare i ribelli, ha criticato la richiesta delle Nazioni Unite senza però bloccarla. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ribadito comunque la propria soddisfazione per l'accordo raggiunto con Washington sullo smantellamento dell'arsenale chimico di Damasco, e ha dichiarato che "un lavoro coordinato scongiurerà l'uso della forza e l'aumento delle violenze, in un Paese che soffre ormai da molto tempo".
Intanto nel nord della Siria e ad Aleppo - dove le scuole hanno riaperto dopo oltre un anno di chiusura - si acuisce lo scontro tra Free Syrian Army (Fsa)e miliziani jihadisti, a vantaggio dei secondi. Ad Aazaz, fonti locali riferiscono che "i combattenti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante hanno preso possesso di alcuni punti strategici, tagliando il collegamento diretto con la frontiera turca". Ciò crea problemi per i profughi, che fuggono verso il nordo, e per i soldati del Fsa, addestrati in Turchia.