Appello delle famiglie tamil: non sia chiuso l'Ufficio per le persone scomparse
In occasione della Giornata internazionale delle sparizioni forzate, diversi famigliari della vittime hanno partecipato a due proteste silenziose davanti al ministero della Giustizia e degli Affari esteri. In circa 30 anni i parenti non hanno ricevuto notizie né risarcimenti da parte del governo. Nonostante diversi ostacoli, l'Ufficio resta l'unica speranza per scoprire la verità sui rapimenti.
Colombo (AsiaNews) - In occasione della Giornata internazionale delle sparizioni forzate, un collettivo composto da diverse famiglie ha chiesto alle autorità dello Sri Lanka di mantenere attivo l’Ufficio per le persone scomparse, nonostante finora non abbia risarcito i parenti delle vittime o compiuto particolari sforzi nel ritrovamento delle persone scomparse.
Il 31 agosto centinaia di persone hanno preso parte a due proteste silenziose davanti al ministero degli Affari esteri e al ministero della Giustizia, mentre la commemorazione ufficiale, durante la quale è stato ricordato che lo Sri Lanka è il secondo Paese al mondo per numero di sparizioni forzate, si è tenuta in serata alla Bandaranaike Memorial International Conference Hall della capitale Colombo.
“L'esercito è venuto a casa mia e ha preso mio figlio, dicendo che volevano raccogliere una dichiarazione. È successo nel 1989. Ma non sappiamo ancora il motivo per cui è stato preso”, ha raccontato in forma anonima ad AsiaNews un padre originario di Seethawaka. “Anche se siamo stati informati che l'Ufficio per le persone scomparse ci avrebbe dato un risarcimento, non l'abbiamo ancora ricevuto”, ha aggiunto l’uomo.
È dal 2017 che le famiglie di etnia tamil che abitano le regioni settentrionali e orientali dell’isola organizzano manifestazioni per chiedere la verità sui loro cari, fatti sparire dal governo dello Sri Lanka durante il conflitto civile contro il gruppo separatista delle Tigri Tamil iniziato nel 1983. Al termine dei combattimenti, a maggio 2009, diversi giovani che erano stati rapiti sono stati consegnati alle forze di sicurezza e di loro si è persa completamente traccia. A causa dei fallimenti dell’Ufficio per le persone scomparse, le famiglie del Nord chiedono la creazione di un’istituzione internazionale che faccia giustizia, dopo che fino ad oggi almeno 180 genitori sono morti senza venire a conoscenza della sorte dei propri figli.
“Il 16 gennaio 1990, alle 23.16, quattro ufficiali dell'esercito sono entrati in casa con una pistola e hanno portato via con la forza mio fratello maggiore, Upul Nada, che aveva 22 anni”, ha detto una giovane donna del villaggio di Heenkenda, Ragama, distretto di Gampaha. “A quel tempo mio fratello frequentava un corso di ingegneria presso il German Technical Training College e gli mancavano due mesi alla laurea per poi andare in Germania”. La sorella era stata informata che il fratello sarebbe stato mandato al campo militare di Panagoda. “Ma sono passati 34 anni e mio fratello non è ancora tornato. Mio padre era funzionario del villaggio, per cui scrisse a tutte le istituzioni che conosceva, compresa la polizia e la Croce rossa. Andò a cercarlo in tutti i campi di detenzione dello Sri Lanka, ma senza successo”, ha continuato la donna che, dopo aver preso la madre nel 1997 e il padre nel 2000, ha raccontato di non avere più nessuno: “Però anche ora, dopo 34 anni, speriamo tutti che l’Ufficio per le persone scomparse faccia giustizia per questi rapimenti ingiusti”.
Le madri delle vittime hanno presentato una petizione al ministero della Giustizia con sei richieste principali, sottolineando i limiti dell’Ufficio per le persone scomparse nell’adempiere alle proprie responsabilità. Nella lettera hanno chiesto, tra le altre cose, un’accelerazione delle indagini, l’introduzione di un pacchetto di risarcimento completo e un’azione immediata contro i responsabili identificati in vari rapporti delle Commissioni d’inchiesta e delle Commissioni presidenziali riguardo i rapimenti e le sparizioni forzate di civili.
“La legge sull'Ufficio delle persone scomparse è stata introdotta nel 2016 e nel 2017 è stata emendata”, ha commentato l’ex presidente dell’istituto, l’avvocato Saliya Peiris. “Siamo stati nominati nella commissione nel marzo 2018, ma non avevamo un ufficio. Con l'aiuto dell'ex segretario presidenziale Austin Fernando abbiamo creato un ufficio temporaneo, ma quando abbiamo cominciato a selezionare i membri del consiglio ci siamo resi conto che eravamo vincolati dalle norme e dai regolamenti del governo, per cui non potevamo assumere funzionari a nostro piacimento, al contrario, dovevamo ottenere l'approvazione del ministero delle Finanze. Solo l'ex ministro delle Finanze, Mangala Samaraweera, e il ministro Mano Ganesan ci hanno dato pieno sostegno”, ha spiegato Peiris nel tentativo di chiarire i fatti riguardo gli ostacoli superati dall’Ufficio nel corso degli anni.
"A volte le famiglie non riescono a ottenere risposte nell’arco della loro vita”, ha proseguito l’avvocato durante la giornata di commemorazione. “Ma il nostro Paese e la nostra società devono ammettere che ci sono stati dei rapimenti. E bisogna fare in modo che non si ripeta. E ci dovrebbe essere una leadership in grado di comprendere adeguatamente le esigenze di queste famiglie”, mentre gli ambasciatori e i governi stranieri dovrebbero evidenziare “le azioni sbagliate compiute dai politici srilankesi che non hanno dato importanza all’Ufficio per le persone scomparse. Chiunque siano i leader, il male è male”, ha concluso Peiris.
31/08/2023 11:08
22/11/2018 08:50