03/07/2014, 00.00
LIBANO
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Appello dei patriarchi antiocheni a "preservare i valori democratici"

di Fady Noun
I cinque patriarchi, cattolici e ortodossi, chiedono ai politici di mettere da parte gli interessi personali ed eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Decisa "la creazione di una commissione congiunta per stimolare la cooperazione tra le Chiese antiochene e organizzare attività congiunte". Il mondo non dimentichi la Siria e l'Iraq.

Beirut (AsiaNews) - Un appello a "preservare i valori democratici" e la libertà è stato lanciato dai cinque patriarchi antiocheni, cattolici e ortodossi, giunge nel momento in cui qualcuno tenta di imporre una teocrazia in Iraq e in Oriente e anche in Libano si evidenziano segnali inquietanti, come la bomba lanciata ieri a Tripoli contro un caffè aperto durante le ore del digiuno per il Ramadan o l'annuncio della Free Sunnis of Baalbek Brigade di aver creato uno speciale gruppo per attaccare le chiese.

Nell'appello lanciato martedì dalla sede del Patriarcato greco-ortodosso di Balamand i cinque patriarchi (nella foto) hanno reso grazie "per il clima di libertà del quale il Libano continua a godere, malgrado le difficoltà che sta traversando e hanno invitato i responsabili a preservarne i valori democratici, la libertà e l'alternanza al potere sui quali riposa il Libano".

Invitati dal patriarca Giovanni X per l'apertura dell'annuale Sinodo della Chiesa greco-ortodossa, i cinque patriarchi di Antiochia, Giovanni X Yazigi, Béchara Boutros Raï (maronita),  Ignazio Ephrem II Karim (siro-ortodosso),  Ignazio  Youssef III Younan (siro-cattolico) et Gregorio III Laham  (greco-cattolico) hanno anche invitato gli uomini politici libanesi "a porsi al di sopra degli interessi personali e ad affrettarsi a eleggere un presidente della Repubblica che veglierà sull'unità del Libano e ristabilirà le istituzioni nel loro funzionamento regolare, in particolare la Camera dei deputati e il Coniglio dei ministri, per rendere lo Stato capace di far fronte alle gravi sfide economiche, sociali e di sicurezza".

Va ricordato che la presidenza della Repubblica, in Libano, è vacante dal 25 maggio scorso, senza che il Parlamento sia riuscito a eleggere un nuovo capo dello Stato che è, tradizionalmente, un cristiano maronita.

Il patriarca Giovanni X, rendendo conto della riunione inter-ecclesiale che ha preceduto i lavori sinodali, ha dichiarato che l'incontro "è stato occasione per riaffermare l'importanza di una testimonianza unita al Cristo risuscitato nello spazio ecclesiale antiocheno e l'insieme del Machrek (l'Oriente arabo) ... espressione sincera dell'unità di vita e di destino che li unisce e della volontà di rafforzamento dell'unità antiochena".

A tale scopo, i patriarchi hanno deciso "la creazione di una commissione congiunta per stimolare la cooperazione tra le Chiese antiochene e organizzare attività congiunte".

Dovere di ospitalità verso siriani e iracheni

Al tempo stesso, riferendosi alla guerra che infuria in Siria e Iraq, i patriarchi hanno chiesto ai loro fedeli di essere partecipi delle sofferenze che hanno origine nella guerra" e di offrire ospitalità, ogni volta che è possibile, ai loro fratelli costretti all'esodo.

Al tempo stesso hanno chiesto di "restare legati alla loro terra e non lasciarla sotto la pressione delle circostanze, perché essa è impastata con i sacrifici delle generazioni passate e perché il Cristo li ha scelti per viverci e date testimonianza di Lui".

I patriarchi hanno inoltre reclamato "il ritorno di tutti gli ostaggi, laici e religiosi, a cominciare dai vescovi Youhanna Ibrahim e Boulos Yazigi, scomparsi da 14 mesi, mentre il mondo assiste passivamente e in silenzio alle peggiori violazioni del nostro tempo dei diritti dell'uomo e delle comunità".

Il riferimento è evidentemente alle atrocità delle quali si rendono colpevoli i combattenti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS) nelle regioni che passano sotto il loro controllo. Peraltro i patriarchi hanno  pregato "per la Siria che è nella prova" e chiesto "la fine della violenza" così come "delle reciproche accuse di apostasia" per sostituirvi "il linguaggio della giustizia, della leale vita in comune, della riconciliazione".

Essi hanno pregato anche "per l'Iraq e in particolare per la popolazione di Mosul e del nord del Paese, attualmente in una situazione molto precaria con la presa della città e l'avanzata dei combattenti dell'ISIS nella piana di Ninive. Hanno anche chiesto alla comunità internazionale di "salvare l'Iraq dalla disintegrazione", di "conservarvi l'uomo e le culture, in particolare la cultura cristiana": Gli stessi iracheni sono stati invitati a "preservare la loro presenza, la loro terra e i loro beni e a salvare la loro lunga tradizione di convivenza".

Hanno anche pregato perché in Egitto sia salvaguardata "la cultura della moderazione" e rinnovate il loro appello per la causa palestinese. I patriarchi, infine, hanno formulato i loro auguri ai musulmani per il mese di digiuno del Ramadan.

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