30/11/2005, 00.00
TERRA SANTA
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Appello dei cristiani di Betlemme, "esigere" che tutti i pellegrinaggi vadano alla Natività

La città ove nacque Gesù è "una prigione a cielo aperto" nella quale i cristiani sono sempre di meno. Un nuovo checkpoint israeliano rende ancora più difficili le visite alla città.

"Esigere" che ogni pellegrinaggio includa la visita a Betlemme, divenuta ormai "una prigione a cielo aperto" nella quale sono chiusi i cristiani, "derubati" di terreni dal muro che sta costruendo Israele, "strangolati economicamente" dalla chiusura della città. Sacerdoti, religiosi, religiose e laici cristiani di Betlemme lanciano un appello ai "pellegrini cristiani", perché, in vista del Natale, portino concreta solidarietà contro questa " barbarie moderna", con la ripresa dei pellegrinaggi nella città ove nacque Gesù.

"Si avvicina - si legge nell'appello inviato ad AsiaNews - il Santo Natale e già il mondo cristiano ha il cuore e la mente rivolti a Betlemme. Tutti rivivono l'evento con un forte desiderio per sé e per gli altri di fraternità e di pace".

"Ma, ahimé, - prosegue il documento - i cristiani di Betlemme sono chiusi in una prigione a cielo aperto da un muro alto 8 metri, il quale li deruba di terreni indispensabili alla loro sopravvivenza. La chiusura della tradizionale via per raggiungere la Basilica della Natività e l'apertura di un nuovo checkpoint che impone anche ai pellegrini ore di attesa per uscire da Betlemme, è una forma di barbarie moderna per strangolare economicamente una città, per imporre l'insicurezza quotidiana a un popolo e per dare apparenza di legalità ad una palese discriminazione religiosa: mentre i fedeli ebrei possono andare in tranquillità alla Tomba di Rachele, ai cristiani di Terra Santa e del mondo intero sono frapposti ostacoli per entrare e uscire da Betlemme".

"I pellegrini cristiani - è l'appello finale - abbiano coraggio: è questa l'ora di portare la loro solidarietà ai cristiani di Betlemme e di Terra Santa, esigendo che ogni pellegrinaggio includa la visita a Betlemme".

L'appello dei cristiani di Betlemme conferma le difficoltà che essi stano vivendo e che già in vista del Natale passato li aveva portati ad esprimere il timore che "la Palestina diventi uno Stato musulmano" e che la stessa città legata alla nascita di Gesù, ove i cristiani un tempo erano maggioranza, diventi totalmente islamica. Nel 1948, quando fu fondato lo Stato di Israele, essi rappresentavano infatti l'80% della popolazione della città, ora sono ridotti a poco meno del 12%. L'emigrazione è infatti molto forte tra i cristiani, legati anche economicamente ai pellegrinaggi, stretti tra le difficoltà create da Israele per motivi di sicurezza e da un crescente fondamentalismo islamico (che aveva tentato di costruire una moschea nella piazza della Natività): chi può lascia la città.

Già a marzo l'allora sindaco di Betlemme, Hanna Nasser, aveva chiesto all'opinione pubblica internazionale di intervenire a favore della popolazione cristiana della città, spinta all'emigrazione soprattutto dalla mancanza di lavoro dovuta alla crisi dei pellegrinaggi. Che ora sono resi ancor più difficili dal nuovo posto di controllo istituito dalle autorità israeliane tra Gerusalemme e Betlemme. E solo 3 mesi prima, a dicembre dell'anno scorso, un rapporto dell'ufficio dell'Onu per il Coordinamento degli affari umanitari (Unocha) e da quello del coordinatore speciale per il processo di pace (Unsco), affermava che la regione di Betlemme era circondata da ''78 ostacoli fisici'' eretti dalle forze armate israeliane, che la isolavano da Gerusalemme e dal resto della Cisgiordania.

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