Aoun invoca una riforma ‘laica’ del Libano. Aperture di Hezbollah
Alla vigilia del centenario del Grande Libano, il presidente auspica un cambiamento che superi l’attuale equilibrio di etnie e confessioni. Ai leader religiosi e politici il compito di trovare una formula valida “per tutti”. Nasrallah: pronti a discutere di un nuovo “patto politico” e ripartizione dei poteri.
Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Da nazione retta da un (fragile) equilibrio fra etnie e confessioni, il Libano deve diventare uno “Stato laico”, attraverso un dialogo serrato fra le parti che dia vita a una nuova “formula” di governance del Paese. È la proposta lanciata ieri dal presidente Michel Aoun, alla vigilia delle celebrazioni per il centenario del “Grande Libano”.
“Perché il primo settembre 2020 sia un completamento del primo settembre 1920, e poiché sono convinto che solo uno Stato laico sia capace di proteggere il pluralismo, di trasformarlo in una unità reale, chiedo che il Libano sia dichiarato Stato laico”. Nell’intervento registrato nei giorni scorsi, il presidente si rivolge alle autorità spirituali e ai dirigenti politici perché trovino “una formula accettabile per tutti”, che possa essere attuata “attraverso opportuni emendamenti costituzionali”.
Ritornando sugli eventi e le celebrazioni per il centenario del Grande Libano, il presidente Aoun ha ricordato che il popolo “che ha attraversato molte crisi e guerre” non ha mai conosciuto “una stabilità e una sicurezza durature”. E lo stesso accordo di Taif, che ha messo fine alla guerra civile libanese nel 1989, presenta “elementi di forza e punti deboli”.
Le parole del capo dello Stato e le celebrazioni per il centenario giungono in un momento di profonda instabilità. Il Paese continua ad affondare sotto quattro crisi, “i quattro pilastri” del crollo del Libano: la crisi economica, senza precedenti; la crisi da Covid-19; quella causata dalle esplosioni al porto di Beirut; l’infinita crisi politica con le dimissioni del governo. È tempo, avverte, di “migliorare, emendare o cambiare il sistema libanese” per gestire meglio gli affari e basandolo “sulla cittadinanza e uno Stato laico”, perché “diritti comunitari e quote” finora in vigore “sono oggi un ostacolo al progresso, alle riforme e alla lotta alla corruzione”.
Il tema dell’unità e della salvezza del Libano in questo periodo di crisi profonda è ricorrente e coinvolge tutte le fazioni e gli schieramenti politici, sociali, confessionali di una nazione che si basa su un fragile equilibrio. Nell’ultimo periodo si sono registrati numerosi interventi del patriarca maronita, il card Beshara Raï, il quale ha rilanciato con forza il principio della “neutralità attiva” per arginare divisioni e interessi fra opposte fazioni, e i loro alleati regionali e internazionali. Le dichiarazioni e le omelie del porporato hanno inoltre aperto un (inusuale) e durissimo fronte di scontro con la fazione sciita e i movimenti Hezbollah e Amal.
Fra le prime reazioni alle parole del capo dello Stato vi è proprio quella del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il quale ha annunciato la disponibilità del movimento a discutere di un nuovo “patto politico”. Esso potrebbe prevedere una nuova ripartizione dei poteri fra comunità religiose nel Paese dei cedri, rischiando però di avvantaggiare gli sciiti, che rappresentano la maggioranza.
“Siamo aperti - ha detto Nasrallah - a ogni tipo di discussione costruttiva in materia, ma a condizione che vi via la volontà di tutti i partiti libanesi”. Per il passato, prosegue, “non ho invocato un nuovo patto politico, ma solo un miglioramento dell’accordo di Taif che è già in vigore, e una Assemblea costituente. Di fronte alle critiche, ho preferito lasciare perdere”. Egli ha infine criticato l’ingerenza del presidente francese Macron negli affari interni del Paese, chiedendosi quali reazioni - e accuse di ingerenza - vi sarebbero state se un invito alle riforme fosse giunto “da altri Stati” (leggi Iran). “Questo - conclude - costituisce un problema sul piano della vita politica e dei costumi della politica” nazionale.