Ankara, fine 'teorica' delle operazioni militari in Siria: nessun ritiro delle truppe
La leadership turca rivendica il successo della campagna “Scudo dell’Eufrate”. Il premier Binali Yildirim non esclude “nuovi interventi” per il futuro. Silenzio sulla permanenza delle truppe oltreconfine, in territorio siriano. Ankara vuole partecipare all’offensiva contro Raqqa, roccaforte dello Stato islamico, ma senza i curdi.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - La Turchia ha annunciato la fine delle operazioni militari nel nord della Siria, rivendicando il “successo” della campagna “Scudo dell’Eufrate”. Tuttavia, il Primo Ministro Binali Yildirim non ha escluso sin da ora “nuovi interventi” per il futuro e non ha voluto precisare se vi sarà anche il ritiro delle truppe dal Paese vicino o resteranno di stanza sul territorio.
Il Consiglio di sicurezza nazionale turco, guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che l’offensiva, durata sei mesi, è stata “coronata da successo”.
Nell’agosto scorso la Turchia ha lanciato una campagna militare oltreconfine in territorio siriano, con l’obiettivo - stando alla versione ufficiale - di colpire le milizie dello Stato islamico (SI). In realtà, i soldati di Ankara hanno combattuto anche le milizie curde Ypg, che Ankara considera “terroristi”.
Nel contesto delle operazioni, i ribelli siriani sostenuti dalla Turchia hanno strappato alle milizie jihadiste diverse cittadine contese, fra cui Jarabulus, Al-Rai, Dabiq e Al-Bab. In quest’ultima cittadina le truppe turche avevano subito, in precedenza, pesanti perdite.
Al-Bab è una località strategica, circa 25 km a sud della frontiera turca, ultima roccaforte jihadista, nel nord della Siria, strappata nel febbraio scorso ai miliziani dello Stato islamico.
Intanto proseguono i preparativi per l’attacco finale a Raqqa, la capitale del cosiddetto “Califfato” in Siria. Al riguardo, il presidente Erdogan ha affermato che la Turchia vuole lavorare con gli alleati nel contesto dell’offensiva, escludendo però la presenza delle milizie curde nelle operazioni.
Oggi pomeriggio è in programma l’incontro fra il segretario di Stato Usa Rex Tillerson, in visita ufficiale in Turchia, e il presidente Erdogan. Oltre alla campagna militare a Raqqa, i due alleati - anche se i rapporti nell’ultimo periodo si sono raffreddati - discuteranno dell’estradizione di Fethullah Gulen. Secondo Ankara il predicatore islamico, da anni in esilio in Pennsylvania, sarebbe la mente del fallito golpe del luglio scorso. Accuse rispedite al mittente dallo stesso Gulen, che esclude ogni coinvolgimento nel colpo di Stato in Turchia.
Per gli Stati Uniti la richiesta di estradizione è una vicenda di carattere giuridico, non politico, e non può essere oggetto di mediazione o accordo fra governi.