Anche riciclaggio e corruzione tra i moventi dell'assassinio di Hariri
Un articolo di Fortune evidenzia responsabilità di personaggi di altissimo livello, siriani e libanesi, che temevano la riapertura del caso del crack della banca al-Madina.
Beirut (AsiaNews) - L'ex primo ministro libanese Rafic Hariri, sarebbe stato ucciso anche per nascondere riciclaggio di denaro, corruzione e affari illegali connessi anche al terrorismo, compiuti attraverso la banca libanese al-Madina, caduta in un crack nel 2003. Lo denuncia l'edizione americana di Fortune, che porta a sostegno anche i rapporti dell'inchiesta dell'Onu sull'assassinio Hariri, secondo la quale nei traffici erano coinvolti anche Saddam Hussein e "le persone più importanti della Siria".
Proprio la volontà di Hariri di riaprire, una volta che fosse tornato al potere, il dossier al-Madina avrebbe spinto i servizi segreti siriani ad organizzare l'attentato del 14 febbraio 2005, nel quale egli rimase ucciso, insieme ad altre 20 persone.
Fortune sostiene di avere "documenti bancari" che evidenziano l'importanza del coinvolgimento siriano nello scandalo finanziario. Ripercorrendo gli anni '90, fino al 2003, l'articolo mette in rilievo il vasto traffico "di denaro, beni immobiliari, automobili e gioielli" costituitosi attorno alla banca fallita. Attraverso una gigantesca "macchina di riciclaggio" si era anche reso possibile a "organizzazioni terroristiche, trafficanti di diamanti dell'Africa occidentale, a Saddam Hussein ed alla mafia russa" di reinserire i loro dollari nel circuito bancario internazionale.
A partire dal 2003, però, esponenti di primo piano siriani e libanesi, coinvolti nei traffici, hanno temuto che Hariri decidesse di riaprire l'incartamento della banca. La stessa commissione di inchiesta dell'Onu, in proposito, avanza l'ipotesi che alcune delle organizzazioni coinvolte nell'attentato potevano avere l'obiettivo di nascondere il loro coinvolgimento nell'affare al-Madina. Nel secondo rapporto di Detlev Mehlis si parla di una conversazione telefonica nel corso della quale l'ex capo dei servizi segreti siriani Rustom Ghazale accusava Hariri di aver toccato, in una intervista, la questione della corruzione siriana, violando un accordo su tale questione. Lo stesso Ghazale sarebbe riuscito a prelevare una grande quantità di documenti dalle casseforti della banca, mentre la volontà di Hariri di riaprire la questione è stata confermata da personalità vicine all'ex premier libanese, tra le quali il ministro delle Finanze, Jihad Azour.
"Sicuro" che dietro l'attentato ci sia non solo l'opposizione politica di Hariri alla Siria, ma anche la vicenda al-Madina si dice anche Marwan Hamade, già ministro delle telecomunicazioni e amico dell'ex premier, anch'egli colpito da un'autobomba, alla quale però è sopravvissuto. "E' stata certamente ha detto - una delle ragioni. Se fosse stato rieletto, Hariri avrebbe riaperto il caso, che noi sappiamo porta direttamente ad Assad, attraverso il palazzo presidenziale di Baabda", cioè il presidente della Repubblica libanese, Emile Lahoud.