14/06/2022, 10.12
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Amman, ottimismo e perplessità sul piano decennale di riforme

di Dario Salvi

Una “visione” che mira a “svecchiare” il Paese, rilanciare l’economia e garantire occupazione (soprattutto giovanile). Allo studio riforme di libero mercato e lotta al debito pubblico. P. Rifat Bader: ingente investimento saudita nel settore sanitario da 400 milioni. L’obiettivo è lasciarsi alle spalle il periodo buio della crisi (economica) e della pandemia di Covid-19.

Milano (AsiaNews) - Le autorità giordane hanno annunciato un piano di sviluppo decennale che, sulla scorta delle “visioni” promosse nel recente passato dalle monarchie del Golfo, dall’Arabia Saudita agli Emirati, intende proporre una nuova visione del Paese in chiave locale e internazionale. In questo caso, l’obiettivo della leadership di Amman non è tanto quella di affrancarsi dalla dipendenza del petrolio, considerando anche il fatto che il regno Hascemita è un importatore di energia, quanto piuttosto raddoppiare i dati sulla crescita e “svecchiare” i piani di sviluppo. Con una particolare attenzione ai giovani per i quali si vogliono creare “fino a un milione” di nuovi posti di lavoro e favorire politiche verdi e di tutela all’ambiente, in una nazione che registra già gli effetti dei cambiamenti climatici e della criticità nel comparto delle risorse idriche. “Un progetto in tre fasi e spalmato su 10 anni - sottolinea ad AsiaNews p. Rifat Bader, direttore del Centro cattolico di studi e media (Ccsm) - tra l’ottimismo del governo e lo scetticismo popolare sulla reale fattibilità”. 

Giovani, riforme e mercato

Il piano pubblicato nei giorni scorsi comprende riforme volute in prima persona da re Abdullah e presentate già un anno fa, per aiutare il Paese - importatore di petrolio - a ribaltare un decennio di crescita scarsa con valori attorno al 2% legati alle guerre in Siria e Iraq; e che ha risentito della pandemia di Covid-19, con un crollo nel settore del turismo. Il piano intende attrarre fino a 40 miliardi di euro, che serviranno ad innalzare il Prodotto interno lordo (Pil) dagli attuali 30,2 miliardi di dinari (pari a 40 miliardi di euro) a 58,1 miliardi di dinari (attorno ai 78 miliardi di euro) entro il 2033. Il primo ministro Bisher Al-Khasawneh ha già annunciato il proposito di introdurre riforme ispirate al libero mercato, che in passato sono state affossate dalle amministrazioni di stampo conservatore e dalla monarchia che temeva svolte in chiave modernista. Le riforme, spiega il premier, riguardano anche il settore pubblico troppo spesso usato come merce di scambio elettorale o per compiacere i cittadini con impieghi statali in cambio di stabilità sociale. In passato i mancati controlli sulla spesa hanno contribuito all’impennata del debito pubblico, che ha sfiorato i 40 miliardi di euro pari al 90% del Pil. 

Fattore chiave del documento programmatico è l’occupazione giovanile: la sfida è di assorbire all’interno del mercato almeno un milione di giovani entro i prossimi 10 anni e imprimere una svolta radicale alla disoccupazione che, negli ultimi anni, ha toccato vette del 24% in una nazione in cui un terzo dei suoi 10 milioni di abitanti ha meno di 14 anni. Uno sviluppo sostenibile, avvertono gli esperti, passa attraverso opportunità per i giovani che rappresentano la “pietra miliare” sulla quale costruire il futuro - economico, politico e sociale - del Paese. “Vogliamo un futuro - ha detto lo stesso re Abdullah - nel quale possiamo ritrovare la leadership nel settore dell’istruzione, innovare nel campo economico e aumentare le capacità e l’efficacia nel settore pubblico, far prosperare quello privato” superando le crisi legate a guerre e pandemia. 

“Uno degli obiettivi - spiega p. Bader - è lo sviluppo del settore pubblico, ma l’elemento peculiare di questo piano ambizioso è l’annuncio di un ingente investimento saudita nel settore sanitario, del valore di quasi 400 milioni di euro”. Sul progetto complessivo, prosegue, “vi sono diversi motivi di pessimismo” ed è forte il dubbio che alle promesse seguano i fatti “perché già in passato gli annunci sono rimasti tali solo sulla carta, e questo è ciò che rende il cittadino meno ottimista. Tuttavia, vi sono anche ragioni di ottimismo per le garanzie collegate, per il coinvolgimento e la collaborazione fra governi e altre istituzioni statali. In particolare, l’Assemblea nazionale alla quale saranno affidati gli emendamenti fondamentali di un ampio corpus legislativo che regola il processo economico“.  

Il sostegno internazionale

Una prima reazione positiva al piano di riforme presentato da Amman giunge dai massimi organismi finanziari globali, dalla Banca mondiale al Fondo monetario internazionale (Fmi). La Banca mondiale ha approvato un piano di finanziamenti all’industria di oltre 80 milioni di euro, per promuovere le esportazioni nel settore manifatturiero attraverso l’operatività di un nuovo fondo. L’industria manifatturiera, tra le principali risorse dell’economia interna, ha registrato gravi carenze di denaro durante le fasi più critiche dell’emergenza sanitaria globale. Per diversificare ed espandere le esportazioni e generare più posti di lavoro, le aziende ora devono passare dalla modalità di sopravvivenza a un nuovo livello di competitività.

Inoltre, a fine giugno è in programma la quarta riunione del comitato esecutivo Fmi per prolungare lo stanziamento di quasi 1,3 miliardi di euro parte dell’Extended Fund Facility approvato in prima istanza nel marzo 2020 e rilanciato con innesti ulteriori fino a un miliardo. Ali Abbas, a capo della missione Fmi nel regno Hascemita, ha già anticipato il possibile stanziamento di ulteriore credito per oltre 160 milioni di euro portando il totale per l’anno in corso a quasi 550 milioni. “Inoltre - ha sottolineato l’esperto - la Giordania ha saputo contenere l’inflazione meglio di tante altre nazioni” anche se le previsioni di crescita nel 2022 si sono abbassate dal 2,7% iniziale all’attuale 2,4%. Tuttavia, essa “deve arrivare a toccare quota 3-4%, se il Paese vuole fare uno scatto e raggiungere una posizione di maggiore prosperità”. 

Analizzando il piano di sviluppo e le sue molteplici implicazioni, il direttore del Centro cattolico di studi e media afferma che “come Chiese che vivono nella virtù della speranza, non possiamo che essere ottimisti nonostante le numerose sfide che la Giordania deve affrontare”. Il sacerdote auspica la piena uscita “dal tunnel oscuro” rappresentato dal nuovo coronavirus, al quale oggi si affianca “la guerra in Ucraina” che influisce in modo negativo “sulla pace e la stabilità nel resto del mondo”. Fra i molti drammi e criticità, avverte, il regno Hascemita deve ancora affrontare in modo risolutivo e definitivo “quello dei rifugiati, soprattutto dalla Siria e dall’Iraq. Una grande sfida - conclude - alla quale dobbiamo guardare cercando di capire come correggere la situazione in futuro, che si somma a quella di risorse e materie prime a partire dall’acqua, che rischiano di scarseggiare”. 

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