Alta corte di Chennai: Chiusi i tribunali islamici illegali
Nel Tamil Nadu numerose moschee funzionano come vere e proprie corti della sharia. Giudici improvvisati decidono su matrimonio, divorzio e proprietà personali. La questione apre un dibattito scottante sul diritto matrimoniale e l’uniformazione del codice civile in tutto il Paese.
Chennai (AsiaNews) – L’Alta corte di Chennai ha messo al bando le moschee che funzionano come tribunali islamici non autorizzati. La sentenza è stata emessa ieri e pone fine ad una pratica molto diffusa in Tamil Nadu, dove numerosi luoghi di culto islamici si improvvisano corti della sharia e decidono in materia di matrimonio e divorzio. La questione assume ancora più rilevanza se si considera che in India è acceso il dibattito sul cosiddetto “divorzio breve” islamico (triplo talaq), che vede contrapposti – da una parte – i sostenitori dell’autonomia religiosa in tema di diritto matrimoniale e – dall’altra – i fautori di una uniformazione del codice civile e i difensori delle donne musulmane, sfruttate e in balia dei capricci dei mariti.
La Corte, guidata dal presidente Sanjay Kishan Kaul e dal giudice M Sundar, ha concesso alle moschee un mese di tempo per l’adeguamento. Nella sentenza si legge: “Se un luogo di culto – sia esso tempio, moschea o chiesa – è utilizzato per scopi diversi da quello della preghiera, e più in particolare per creare dei tribunali extragiudiziali, di certo è dovere delle autorità adottare azioni contro di esso”.
L’attenzione dei giudici è stata sollevata da una denuncia presentata da un cittadino britannico. Egli ha sporto querela contro il “Makka Masjid Shariat Council” nel quartiere Anna Salai di Chennai, che svolge vere e proprie funzioni giudiziarie, redimendo dispute matrimoniali e personali. Chiesto il parere del Consiglio per tentare una riconciliazione con la moglie, il tribunale estemporaneo ha fatto firmare all’uomo una lettera di divorzio, con cui egli ripudiava la consorte.
Le indagini hanno rivelato che la moschea lavora a tempio pieno come tribunale: i processi si svolgono nell’atrio e ogni anno vengono annullati centinaia di matrimoni validi senza il permesso delle autorità competenti. Secondo un consigliere, il Makka Masjid si occupa anche di dispute patrimoniali e crea “un senso di timore religioso nella mente dei musulmani per ogni atto di disobbedienza”.
Il diritto matrimoniale in India è molto complesso e regolato da varie norme. La Costituzione prevede l’esistenza di codici civili diversi, in modo da tutelare al meglio le varie comunità religiose presenti nel Paese. L’articolo 44 della Costituzione è menzionato tra i “principi direttivi” (cioè linee guida, non norme obbligatorie) e invita all’attuazione di un codice civile uniforme, ma poi lascia ampia libertà di autodeterminazione tra le comunità.
Di recente si è scatenato un acceso dibattito proprio sulla modifica dell’articolo 44 e una maggiore tutela delle donne musulmane. Nel Paese il diritto matrimoniale islamico è regolato dal Muslim Personal Law (Shariat) Application Act 1937, una legge approvata sotto il dominio coloniale britannico. Siglata con l’intento di garantire il rispetto della tradizione culturale islamica, con gli anni la legge ha consentito di “giustificare” pratiche discriminatorie. Le donne hanno denunciato un vero e proprio abuso del divorzio verbale, che spesso è attuato anche “a distanza” con l’invio di messaggi sul cellulare o per posta.