21/09/2024, 11.40
TAIWAN
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Alta Corte di Taipei: 'Pena di morte non viola la Costituzione'. Ma pone limiti

Rigettata una petizione presentata dai 37 detenuti che si trovano nel braccio della morte, ma con l'invito ad applicarla solo in casi "eccezionali". L'ultima esecuzione risale al 2020. Le critiche del Kuomintang che definisce il verdetto dei giudici una "abolizione di fatto". Amnesty International Taiwan parla di "passo avanti" e chiede al governo di decretare una moratoria ufficiale.

Taipei (AsiaNews) - Taiwan continuerà a mantenere in vigore la pena di morte, ma dovrà applicarla solo in casi “eccezionali”. Lo ha stabilito ieri la Corte Costituzionale di Taipei, con una sentenza che - pur non accogliendo la richiesta di dichiarare incostituzionali le sentenze capitali - indica comunque alcuni limiti significativi nella loro loro applicazione. E rappresenta un altro punto di distinzione importante rispetto alla Repubblica popolare cinese, che - pur non diffondendo dati ufficiali - è ritenuta dalle organizzazioni per i diritti umani il Paese al mondo dove di gran lunga vengono eseguite ogni anno più condanne a morte.

La legislazione di Taiwan prevede la possibilità della pena di morte per alcuni reati tra cui omicidio, alto tradimento, stupro e rapimento. L'ultima esecuzione a Taiwan è avvenuta nel 2020. A sollevare il caso davanti alla Corte Costituzionale è stato Wang Xinfu, la persona più anziana che si trova nel braccio della morte di Taiwan, con una petizione sottoscritta anche dagli altri 36 detenuti che si trovano nella stessa condizione.

Nella sua sentenza l’Alta Corte ha stabilito che la pena di morte è conforme alla Costituzione di Taiwan, ma dovrebbe essere applicata solo in casi “eccezionali”. Sebbene il diritto alla vita sia protetto dalla Costituzione - ha sostenuto il Presidente della Corte Costituzionale Hsu Tzong-li - “tale protezione non è assoluta”. Allo stesso tempo, ha però aggiunto, essendo “la punizione più severa e di natura irreversibile, la sua applicazione e le garanzie procedurali - dalle indagini all'esecuzione - devono essere sottoposte a uno scrutinio rigoroso”.
La Corte non è entrata nel merito della costituzionalità di infliggere la pena di morte per reati come l’alto tradimento o il traffico di stupefacenti. Ma ha inoltre stabilito che è “proibita” per “imputati con problemi di salute mentale, anche se questi non hanno influenzato il reato nei casi in questione”.

Il tema della pena di morte è anche una questione politica a Taiwan. I deputati del Partito Democratico Progressista (DPP) - a cui appartiene il presidente Lai Ching-te - sono in gran parte favorevoli all’abolizione e ieri hanno affermato che rispetteranno l’indicazione della Corte. Al contrario il Kuomintang – il partito nazionalista, più vicino a Pechino - ha criticato la sentenza, sostenendo che si tratterebbe di una “abolizione di fatto” della pena capitale. Nei sondaggi di opinione il sostegno alla pena di morte risulta ancora prevalente tra la popolazione.

Da parte sua il direttore di Amnesty International Taiwan, E-Ling Chiu, ha salutato la sentenza come “un piccolo passo avanti per i diritti umani a Taiwan. La Corte costituzionale ha rafforzato le tutele dei diritti umani per i condannati a morte. Tuttavia, la pena di morte rimane in vigore per diversi reati. Questo segna un inizio nel cammino di Taiwan verso l'abolizione, e dobbiamo assicurarci che non si fermi qui”.

Resta la preoccupazione “per il fatto che questa decisione mette di fatto quasi 40 persone a rischio di esecuzione - ha aggiunto -. Esortiamo il governo di Taiwan a stabilire immediatamente una moratoria ufficiale sulle esecuzioni come primo passo fondamentale. La pena di morte è intrinsecamente crudele e non ci rende più sicuri”.

 

Foto: Flickr / kaurjmeb

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