15/06/2006, 00.00
kuwait
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Alle elezioni kuwaitiane, chiedere alle donne di mostrare il volto al seggio "non è un'offesa"

Ammesse alle elezioni per la prima volta, le donne saranno la maggioranza degli ammessi al voto del 29 giugno. Vietato agli uomini di imporre le loro scelte a mogli e sorelle.

Kuwait City (AsiaNews) – In Kuwait "non sarà considerata un'offesa" la richiesta ad una donna di abbassare il velo per farsi riconoscere, che fosse avanzata dal presidente del seggio o da un altro funzionario. L'ha stabilito, informa l'Arab Times, il Direttore per gli affari elettorali del Ministero degli interni. Sollevare il "niqab", la versione araba del burqa, per farsi riconoscere, è uno dei problemi che la prima partecipazione femminile al voto sta creando in Kuwait, dove le donne saranno la maggioranza dei votanti, anche se sicuramente non degli eletti. Le kuwaitiane, infatti, per la prima volta nella storia del loro Paese, il 29 giugno potranno partecipare alle elezioni, grazie ad una "rivoluzionaria" legge del maggio dell'anno scorso. Ad avere il diritto di voto, infatti, sono 195mila donne (il 57% degli elettori) e 145mila uomini. Ad essere candidate, però, saranno solo in 32, contro 370 uomini, e si presenteranno in 15 delle 25 circoscrizioni, otto delle quali appartengono alle aree tribali, nelle quali le donne sono costrette ad indossare il "niqab". "La condizione femminile in Kuwait è disastrosa", dice Aisha Al Rasheed, giornalista, candidata alle elezioni. "Ci sono – aggiunge – numerose leggi debbono essere emendate per migliorare la condizione della donna e, se sarò eletta, voglio lavorare per questo obiettivo". Le donne lamentano, in particolare, discriminazioni in campo familiare, nel lavoro e nella nazionalità dei loro figli. "Voglio che voti per me non perché sono una donna, ma perché mi occuperò dei tuoi interessi", ha detto un'altra candidata, Rula Dashti, presidente della Kuwait Economic Society, ad un folto gruppo di uomini e donne riuniti per ascoltare il suo programma.

Per intanto, il Ministero degli affari religiosi ha annullato la fatwa che concedeva al marito il diritto di indicare alla moglie come votare. La fatwa era stata emessa dal rettore della facoltà di Sharia (diritto islamico) dell'università del Kuwait. Il Ministero degli affari religiosi ha, invece, affermato la libertà di ciascun individuo di scegliere i candidati e ha espressamente vietato agli uomini di fare pressioni sulle proprie mogli o sorelle. "Nessuno può imporre la propria scelta", ha affermato da parte sua il Ministero degli interni.

La presenza delle donne nel corpo elettorale e tra i candidati, però, a giudizio di May Hajjaj, analista dell'informazione sentito dall'agenzia kuwaitiana Kuna, non ha portato sostanziali cambiamenti nella campagna elettorale, a parte, forse, per la qualità delle tende usate come seggi: "le donne – ha sostenuto - hanno fatto copie in carta carbone delle campagne elettorali maschili". Mentre infatti i candidati uomini continuano ad usare i loro tradizionali sistemi, le donne seguono lo stesso metodo, con la semplice aggiunta delle "nostre sorelle votanti" nelle loro dichiarazioni.

Nulla, comunque, a giudizio del Middle East Times, fa supporre che le elettrici voteranno per candidate donne.

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