Aleppo sotto attacco, centinaia di morti e feriti. Caritas Siria in prima linea negli aiuti
Almeno 202 le vittime dell’ultima settimana di violenze nella metropoli del Nord. Fra le vittime molti civili e bambini. Colpito un ospedale di Msf nell’area sotto il controllo dei ribelli e due nei quartieri governativi. Caritas Aleppo: la popolazione “spaventata”, ma non vuole “fuggire” e chiede solo “la pace”. Gli attivisti fanno la spola fra gli ospedali per “rispondere alle emergenze”.
Aleppo (AsiaNews) - Aleppo è “sotto attacco”, in molte zone della città “sono caduti molti colpi di mortaio, bombe”, due delle quali hanno anche sfiorato “la sede della Caritas e la mia abitazione”, situate nella porzione di territorio “sotto il controllo governativo”. È quanto racconta ad AsiaNews Joseph Yeghia, responsabile della comunicazione di Caritas Aleppo, che conferma l’escalation di violenze che ha investito la “capitale” del nord della Siria. Secondo le ultime stime diffuse dall’Osservatorio siriano per i diritti umani - Ong con base a Londra e una fitta rete di informatori sul terreno - le vittime degli attacchi dell’ultima settimana sarebbero almeno 202.
In queste ore vi è un rimpallo di responsabilità fra governo e ribelli, che si scambiano accuse di violazione alla tregua, raid aerei e bombardamenti contro civili. L’escalation preoccupa l’inviato speciale Onu per la Siria Staffan de Mistura, secondo cui il cessate il fuoco “è vivo a malapena”. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha lanciato un appello a Stati Uniti e Russia, perché si adoperino per fermare le violenze.
Nell’ultimo periodo si sono intensificati i combattimenti nel nord della Siria, nella provincia e nella metropoli di Aleppo, seconda per importanza del Paese. L’area è divisa in due settori, quello ovest sotto il controllo governativo e la parte orientale nelle mani dei ribelli. Le violenze mettono in grave pericolo la fragile tregua in vigore dal 27 febbraio scorso, che aveva permesso un miglioramento della situazione umanitaria e fatto sperare in una cessazione - a breve - delle ostilità.
Testimoni locali affermano che i colpi di mortaio sparati dai ribelli nei quartieri governativi avrebbero ucciso 71 civili, fra cui 13 bambini. Di contro, i raid aerei dell’aviazione di Damasco avrebbero provocato 123 vittime, fra cui 18 bambini. Colpito anche l’ospedale di Medici senza frontiere (Msf) che si trova ad al-Quds, nell’area sotto il controllo dei ribelli. Fra le vittime anche uno degli ultimi pediatri rimasti in città.
Non si ferma dunque la spirale di violenze e terrore in Siria, martoriata da un conflitto che, dal marzo 2011, ha causato almeno 270mila morti e milioni di sfollati, originando un’emergenza umanitaria senza precedenti. Fra le aree più colpite la città di Aleppo, dove jihadisti dello Stato islamico e miliziani di al Nusra (affiliati ad al Qaeda) combattono contro gruppi ribelli e soldati governativi. Una lotta senza quartiere, che finisce per colpire soprattutto la popolazione civile.
Secondo quanto riferisce un comunicato di Caritas Siria, negli ultimi giorni sono caduti oltre 1300 colpi di mortaio, che hanno centrato “vari obiettivi in molte zone della città”, in aperta violazione alla tregua. Gli ospedali sono al collasso per il gran numero di feriti e cominciano a scarseggiare medicine, sangue per le trasfusioni e materiale di prima necessità. La situazione, racconta il comunicato, è di “miseria diffusa”. Camion e mezzi di trasporto corrono lungo le vie della città “carichi di feriti, molti dei quali bambini” e l’orizzonte è “oscurato da una densa coltre di fumo nero”, mentre “il suono delle ambulanze è incessante”.
Ad AsiaNews Joseph Yeghia racconta di una popolazione “spaventata”, che però “desidera continuare a restare qui e andare avanti con la propria vita. C’è la speranza di vivere qui, nessuno vuole andarsene”. Le violenze “sono diffuse in tutta la città”, aggiunge il portavoce Caritas, “con attacchi diffusi e bombe ovunque”. “Noi attivisti Caritas - racconta - andiamo a giro per gli ospedali, raccogliamo informazioni per capire come aiutare, curare i feriti, rispondere alle emergenze”. “Non sappiamo il numero esatto di morti e feriti - conferma - e nemmeno gli ospedali hanno un’idea precisa”.
Oltre alla struttura di Msf nell’area in mano ai ribelli, anche due ospedali dei quartieri governativi sono stati oggetto di attacchi a colpi di mortaio, riferisce Joseph Yeghia, anche se al momento “non si sa quali siano i reparti interessati”.
“Vogliamo solo la pace per il nostro Paese, per la Siria - conclude l’attivista Caritas - perché non ce la facciamo più a vivere così dopo cinque anni. Chiediamo [alla comunità internazionale] solo di finire la guerra. E, a voi cristiani d’Occidente, chiediamo di pregare per noi. Abbiamo solo bisogno delle vostre preghiere, non cerchiamo altro se non che Dio ci doni la pace”.
04/05/2016 12:32
05/05/2016 08:59