Aleppo 'né in guerra, né in pace': la mia missione di medico
Un membro laico dell’ordine dei frati Maristi blu, fra i pochi dottori rimasti in città. Il tentativo di tornare alla normalità si scontra con i segni delle violenze del conflitto. I programmi a favore delle famiglie in difficoltà e i corsi di formazione per garantire un futuro ai giovani. E la speranza, un giorno, di poter parlare di “una pace vera”.
Aleppo (AsiaNews) - “Nè in guerra, né in pace”: è la situazione che si vive oggi ad Aleppo, la seconda città per importanza della Siria, un tempo capitale economica e commerciale del Paese, a lungo considerata l’epicentro del conflitto. Oggi l’obiettivo è “la cacciata dello Stato islamico” e il rientro degli sfollati, in un contesto di lento ritorno alla normalità con “la stragrande maggioranza dei quartieri” che sono diventati “sicuri”. È quanto racconta nella sua 31ma lettera da Aleppo Nabil Antaki (a sinistra nella foto), un medico di Aleppo e membro laico dell’ordine dei frati Maristi blu. Egli è uno dei pochi dottori rimasti in città, nonostante le violenze del conflitto che hanno preso di mira - come e più di altre - la professione medica e hanno determinato una vera e propria emorragia di professionisti dal Paese. “Uno straniero - scrive - che ha seguito gli eventi e le sofferenze di Aleppo, se viene a trovarci oggi rimarrebbe stupido dalla densità del traffico, dalle illuminazioni agli incroci, i caffè sempre affollati, le strade pulite, e aperte al traffico, i giardini pubblici pieni di bambini che giocano, gli scuolabus […] l’acqua corrente è tornata per almeno due giorni alla settimana, l’elettricità è in servizio fra le 12 e le 15 ore al giorno”.
Tuttavia, la popolazione civile porta ancora i segni - più o meni visibili - degli anni di violenze, di divisioni; ecco perché è tuttora essenziale mantenere in vita i programmi di assistenza e aiuto, che vanno dal pacco mensile di cibo, ai corsi di formazione professionale, dedicati soprattutto ai giovani, perché possano avviare una attività e costruirsi un futuro nel loro Parse, nella loro terra. L’auspicio, conclude Nabil, è “muoverci verso nuovi orizzonti, verso l’inizio di una nuova era da costruire, edificandola attraverso il vivere in comune, la concordia, la cittadinanza responsabile e la pace”. Perché, nella prossima lettera, possa scrivere: “Non guerra, ma pace vera”. Ecco, di seguito, la testimonianza del medico Marista blu da Aleppo. Traduzione dall’originale francese a cura di AsiaNews:
Né in guerra, né in pace.
È così che posso definire la situazione attuale della Siria, in questo mese di settembre 2017, a sei anni e mezzo di distanza dall’inizio degli eventi che hanno causato la morte di oltre 350mila persone, distrutto gran parte del Paese, sfollato un terzo della popolazione, spinto all’esilio oltre tre milioni di persone e spazzato via i sogni e il futuro dei giovani e di diverse generazioni di siriani.
Al momento, tutte le parti in causa - il governo siriano e le potenze mondiali - hanno un solo obiettivo: lo sradicamento dello Stato islamico (SI, ex Isis) dalla Siria, dopo averlo pressoché sconfitto in Iraq.
Gli ultimi bastioni di Daesh [acronimo arabo per lo SI] sono due città dell’est: Raqqa, la cosiddetta capitale del Califfato in Siria, e Deir el Zor, dove metà della città, i suoi abitanti e la sua guarnigione sono stati circondati dai jihadisti per oltre tre anni e venivano riforniti per via aerea. La prima è oggi liberata a metà dalle truppe curde, sostenute dagli Stati Uniti. La seconda sta per esserlo; l’esercito siriano, a dispetto delle pesanti perdite, ha saputo liberare le città e i villaggi della provincia di Deir el Zor e spezzato l’assedio alla città, riunendola con gli abitanti della zona circostante. I siriani delle altre città del Paese hanno manifestato la loro gioia per la liberazione di Deir el Zor, che non è ancora avvenuta per intero. Ciononostante, quando Daesh sarà definitivamente sconfitto in queste due città sarà la fine per il movimento jihadista in Siria.
Nel resto del Paese vale il motto “né in guerra, né in pace”. Sotto l’egida della Russia, della Turchia e dell’Iran, ad Astana dove sono in corso da diversi mesi i negoziati tra le parti si sono raggiunti diversi accordi sull’evacuazione dei ribelli dalle enclavi che hanno occupato a lungo nelle varie regioni, consentendo il loro trasporto verso la provincia di Idlib, bastione di al-Nusra. Inoltre, diversi accordi di distensione hanno consentito di congelare i combattimenti e calmare la situazione in diverse regioni: a est di Damasco, Homs, Idlib…
I siriani, mentre qua e là celebravano la cessazione delle ostilità, cominciavano a preoccuparsi nel timore che persistesse lo status quo e ci si indirizzasse verso una situazione di caos prolungato, o una ripartizione delle zone di influenza. Anche se questo gelo non è accompagnato da un progresso significativo nei negoziati, per giungere a una soluzione politica del conflitto.
Ciò che infonde maggiore ottimismo è il fatto che la maggior parte dei governi arabi, occidentali e turchi, che hanno sostenuto fin da subito, finanziato e armato i ribelli, per la maggior parte terroristi, hanno finalmente capito che il governo siriano non sarà rovesciato dalle armi, come pensavano e speravano, e che una soluzione politica è fattibile solo mantenendo in carica il presidente [Assad]. Egli gode tuttora del sostegno della maggioranza della popolazione, oltre che dell’esercito siriano e dell’alleato russo. Da qui, le varie dichiarazioni dei leader del mondo occidentale, secondo cui ora la priorità è combattere l’Isis e il terrorismo - quello che il governo siriano va ripetendo da sei anni - non la caduta del regime.
Ad Aleppo la situazione è migliorata a tutti i livelli dalla fine del 2016, data dell’evacuazione degli ultimi terroristi verso Idlib e la liberazione della città. Come prima del luglio 2012, oggi non vi è più una Aleppo est e una Aleppo ovest, ma un’unica città, Aleppo, dalla storia millenaria. Sfortunatamente, alcuni quartieri di Aleppo, quelli più a ovest, ricevono ancora oggi colpi di mortaio lanciati dai ribelli situati a circa 10 km dalla città, sul versante di Idlib.
Tuttavia, la stragrande maggioranza dei quartieri sono sicuri e gli aleppini vanno e vengono senza la paura di un colpo di mortaio o del proiettile di un cecchino. Uno straniero che ha seguito gli eventi e le sofferenze di Aleppo, se viene a trovarci oggi rimarrebbe stupido dalla densità del traffico, dalle illuminazioni agli incroci, i caffè sempre affollati, le strade pulite, e aperte al traffico, i giardini pubblici pieni di bambini che giocano, gli scuolabus operativi, i marciapiede sgomberi da baracche che svolgevano la funzione di negozi, la riapertura di molte attività chiuse durante la guerra. L’acqua corrente è tornata per almeno due giorni alla settimana, l’elettricità è in servizio fra le 12 e le 15 ore al giorno.
Tuttavia, il quadro non è così roseo. Questa situazione di “né in guerra, né in pace” non incoraggia le centinaia di migliaia di profughi, rifugiati, o sfollati, a ritornare. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha dichiarato di recente che 600mila persone, la maggior parte delle quali dalla provincia ci Aleppo, sono tornate nelle loro abitazioni. Questo è un punto che va chiarito: la maggioranza di queste persone sono sfollati interni, che si sono spostati da un quartiere all’altro della città o in un’altra città siriana. Questa situazione non è di aiuto nemmeno in un’ottica di ricostruzione - perché non si può parlare di ricostruzione se non c’è pace - o di ripresa economica. Il costo della vita e il dato relativo alla disoccupazione restano elevati, così come la povertà. La maggior parte delle famiglie di Aleppo ha bisogno ancora oggi di aiuti per sopravvivere.
Di fronte a questa situazione e ai nuovi sviluppo, noi Maristi blu, vogliamo favorire la ricostruzione, ponendo l’accento sullo sviluppo umano e lavorando per costruire il futuro dei cristiani e della Siria. Fin dall'inizio del conflitto, nei momenti peggiori della guerra ad Aleppo, quando i programmi di soccorso hanno consumato le nostre risorse umane e materiali, siamo riusciti comunque a mantenere i nostri programmi educativi e ne abbiamo avviati di altri. E ora, pur perseguendo i nostri progetti di aiuto primario, abbiamo deciso di rafforzare i nostri programmi di sviluppo umano. Crediamo fermamente che lo sviluppo dell’essere umano contribuisca allo stabilimento della pace e alla preparazione del futuro.
Tuttavia, non fermeremo certo i nostri programmi di soccorso, di cui la gente ha sempre un gran bisogno.
Così abbiamo iniziato un nuovo progetto chiamato “job”, lavoro in inglese e il nome del profeta famoso per la sua pazienza; un requisito essenziale per il successo del nostro progetto. Si tratta di trovare un lavoro per i nostri giovani, di favorire la creazione di piccoli progetti e di incoraggiare la formazione professionale; questo per rendere le famiglie finanziariamente indipendenti dagli aiuti ricevuti per più di cinque anni e che, in futuro prossimo, sono destinate a interrompersi. Un modo per incoraggiare i nostri giovani a rimanere nel Paese e, in ultimo, per partecipare alla ricostruzione della Siria. Una squadra di volontari si è fatta carico del progetto. Essa stabilisce elenchi di offerte e richieste di lavoro e favorisce l’incontro fra i due fronti. E aiuta i giovani a pensare e realizzare i propri progetti di lavoro, sostenendoli anche da un punto di vista finanziario. Essa forma altri giovani nei mestieri e nelle professioni, mandandoli a proprie spese nei centri di formazione e avviamento al lavoro, creando posti di lavoro che siano redditizi anche per l’imprenditore stesso. Ecco dunque perché partiremo a breve con un seminario sul recupero dei vestiti usati, che fornirà lavoro a circa una decina di donne.
Il nostro centro di formazione per adulti, il M.I.T., che è stato inaugurato alla fine del 2013, ha festeggiato due settimane fa i suoi quattro anni di attività con un incontro al quale abbiamo invitato tutti i responsabili delle associazioni caritative e sviluppo di Aleppo. In quattro anni abbiamo organizzato 77 workshop di tre giorni ciascuno, che hanno registrato la partecipazione di 1404 persone guidate da 28 esperti di settore. Inoltre, abbiamo organizzato due sessioni di 100 ore ciascuna per insegnare a 35 giovani adulti “come avviare la propria impresa”. Abbiamo sostenuto sul piano finanziario i sei migliori progetti in termini di fattibilità e di creazione di posti di lavoro. Continueremo con queste sessioni prolungate sullo stesso argomento, per dare ai giovani la possibilità di imparare a creare il proprio business e, se necessario, lo finanzieremo.
In collaborazione con lo Undp (il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo), stiamo per aprire un negozio di abbigliamento per bambini e ragazzi, che fornirà lavoro a 24 persone; il workshop è guidato da un Marista blu. Per due mesi, sempre su richiesta dell'Undp, promuoveremo anche tre progetti con lo scopo di rinnovare i legami, a volte interrotti o spezzati dalla guerra, fra le differenti anime della popolazione di Aleppo, per sanar le ferite e riparare il tessuto sociale della Siria di domani.
Tutti gli altri progetti pedagogici continuano. I due progetti per i piccoli dai tre ai sei anni, chiamati “Imparare a crescere” e “Voglio imparare” riprendono le loro attività con i bambini il 2 ottobre, dopo che i 24 insegnanti alla guida del progetto hanno speso tutta l’estate a creare da sé i nuovi programmi educativi. La squadra di “Skill school” per adolescenti ha lavorato sodo per preparare il programma annuale. “Taglio e cucito” continua a favore di mogli, mamme e ragazze; presto riprenderanno l’attività anche i corsi “Lotta contro l’analfabetismo”, “Speranza” e “Douroub”.
Tutti questi programmi cercano di sviluppare le persone, di preparare il loro futuro e di dare loro strumenti per avere un’attività professionale che consenta loro di vivere.
I nostri programmi di soccorso continuano. Dopo profonde riflessioni e dialogo in seno al nostro gruppo, abbiamo ritenuto che l’aiuto alla popolazione sia sempre necessario e che il momento di ridurre il volume del nostro aiuto, o di interromperlo, non sia ancora arrivato.
Tanto più che molte delle nostre famiglie si sono ritrovate, di recente, senza risorse poiché il marito e padre di famiglia è stato chiamato sotto le bandiere dell’esercito, come riservista.
Continuiamo a distribuire ogni mese dei cesti alimentari e sanitari a circa un migliaio di famiglie. Aiutiamo quelle sfollate a pagare l’affitto delle loro case, distribuiamo acqua ai bisognosi. All’inizio dell’anno scolastico abbiamo dato a tutti i figli delle nostre famiglie dei buoni acquisto per il materiale. Il nostro programma “Goccia di latte” è giunto al 29mo mese di distribuzione, garantendo il latte ai bambini di età inferiore ai 10 anni.
Per quanto riguarda i nostri due programmi dedicati alla salute, siamo felici di annunciare che il progetto “Civili feriti nella guerra” è, grazie a Dio, ridotto al minimo perché vi sono sempre meno vittime di guerra e feriti ad Aleppo dalla sua liberazione. Di contro, il nostro programma medico di assistenza alle persone malate, incapaci finanziariamente di curarsi o di farsi operare, sta diventando sempre più vasto a causa del numero crescente di persone in difficoltà.
In estate, nei nostri locali, abbiamo organizzato un club estivo dove le famiglie e i loro figli venivano al pomeriggi a rilassarsi, giocare e trascorrere momenti piacevoli sorseggiando un caffè o una bibita in compagnia dei loro amici.
Negli ultimi sei anni abbiamo vissuto momenti diversi, che hanno richiesto interventi e risposte diverse fra loro. La situazione attuale di “né guerra, né pace” è una delle più difficili perché le nostre risposte alla situazione non sono evidenti, né semplici. Essa richiede una costante riflessione e un adattamento alle nuove esigenze; e alle nostre famiglie beneficiarie è richiesto il compito di intraprendere un cammino di pace, così a lungo desiderato. Vogliamo seminare la speranza nelle persone e vederla fiorire nella fiducia, nella serenità e nell’amore.
I fratelli Maristi, i nostri partner all’interno dei Maristi blu, di cui condividiamo il carisma e la spiritualità, sono riuniti in questi giorni in Colombia per il loro 22mo capitolo generale, durante il quale i fratelli definiranno gli orientamenti della congregazione per gli anni a venire e per eleggere il nuovo gruppo dirigente. La scelta della Colombia come sede, rispetto alla consuetudine della casa generalizia a Roma, è piuttosto significativo della volontà della congregazione di aprirsi verso “nuovi orizzonti” e per sottolineare la pace che si prepara in quel Paese, anch’esso vittima di una guerra che dura da decenni.
Anche noi Maristi blu sogniamo di muoverci verso nuovi orizzonti, verso l’inizio di una nuova era da costruire, edificandola attraverso il vivere in comune, la concordia, la cittadinanza responsabile e la pace.
“Né in guerra, né in pace” è il titolo di questa lettera di Aleppo, la numero 31. Possa la 32ma, da qui a tre mesi, dirvi: “Non guerra, ma pace vera”.
19/10/2017 15:08
16/09/2016 13:28