Aleksandr, il vescovo del Patriarcato di Mosca che sostiene l’autocefalia del Patriarcato di Kiev
In un’intervista alla rivista Levyj Bereg, egli si schiera a favore dell’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina. L’autocefalia sembra essere sostenuta dalla maggioranza dei fedeli e dei vescovi in Ucraina. Critiche sulla sottomissione del Patriarcato di Mosca a Putin: “Probabilmente stanno già valutando la sua possibile incoronazione a zar di tutte le Russie”.
Mosca (AsiaNews) - A sostenere l’idea della completa separazione della Chiesa Ortodossa ucraina da Mosca non sono soltanto i politici, in cerca di una motivazione religiosa nel conflitto con l’ingombrante vicino. Anche i vescovi della giurisdizione legata al patriarcato russo sembrano piuttosto favorevoli al Tomos di autocefalia che potrebbe arrivare da Costantinopoli, come sostiene il Metropolita di Perejaslav-Zalesskij e Vishnevoe Aleksandr (Drabinko).
Il metropolita Aleksandr, 40 anni, guida la sua diocesi da 10 anni, ed è vicario della metropolia di Kiev guidata da Onufrij (Berezovskij), capo della Chiesa ucraina fedele a Mosca. Per alcuni anni è stato membro anche del consiglio permanente del Sinodo dei vescovi della Chiesa Ortodossa russa (Mezhsobornoe Prisutstvie) e rappresenta la giovane generazione dei vescovi ortodossi in Ucraina.
Lo scorso 10 maggio, senza mezzi termini, in un’intervista alla rivista Levyj Bereg ha dichiarato che “indipendentemente dalla decisione finale del Patriarcato Ecumenico, voglio sostenere apertamente l’idea dell’autocefalia della Chiesa ucraina”.
Alla domanda dei giornalisti sulla differenza di posizione con lo stesso Onufrij, che sarebbe contrario all’indipendenza, Aleksandr ha spiegato che “la mia opinione in realtà non è contraria né a quella della Chiesa ucraina in generale, né a quella della sua guida, in quanto non è mai stata espressa una posizione ufficiale in proposito”. Il desiderio del metropolita non sarebbe “contro” nessuno, ma in favore della riunificazione delle diverse parti e delle diverse anime dell’ortodossia nazionale, del superamento dello “scisma” esistente dagli anni ’90. Così la Chiesa ucraina potrebbe ristabilire in pienezza il proprio status di Chiesa locale, “sorella a pari diritto” nella famiglia delle Chiese ortodosse nel mondo.
Pur criticando l’ingerenza del presidente e del parlamento, che si stanno occupando della questione con modalità “non canoniche”, la vera domanda riguarda il desiderio degli stessi ortodossi ucraini. Tale sarebbe infatti l’orientamento comune fin dal 1991, appena fuorusciti dall’oppressione sovietica e prima ancora dello “strappo” del metropolita Filaret (Denisenko), auto-nominatosi “patriarca” della Chiesa autonoma di Kiev. Allora tutti i vescovi ucraini (compreso Onufrij, allora metropolita di Chernivtsi e Bucovina) si rivolsero a Mosca, nella persona del nuovo patriarca Aleksij II, chiedendo appunto l’autocefalia, richiesta ripetuta al sinodo di Harkov nel 1992. Proprio il rifiuto moscovita fu la causa della separazione decisa da Filaret e da alcuni altri vescovi. Secondo Aleksandr, “da parte nostra non si è mai parlato di un superamento di quelle richieste”.
La dichiarazione del giovane metropolita pare essere una modalità ufficiosa di esprimere la volontà dei vescovi, senza impegnare l’autorità dello stesso Onufrij, mettendolo in difficoltà col sinodo moscovita. Lo stesso Aleksandr rassicura sul carattere “logico e costruttivo” delle opinioni espresse: “Lo scopo non è quello di provocare un ulteriore scisma, o confondere e sobillare gli animi delle persone”, e la responsabilità di eccessi e false interpretazioni ricade sui singoli che le vogliono sostenere.
Nell’attesa del pronunciamento di Costantinopoli, la proposta di Aleksandr, sarebbe quella di convocare un Sinodo di tutti i vescovi della Chiesa ucraina, sotto la presidenza del metropolita Onufrij, per sentire l’opinione conciliare, e verificare se coincide con quella che sembra essere della grande maggioranza del clero e di tutti i fedeli, favorevoli all’autocefalia. Per risolvere la questione, si potrebbero proporre soluzioni canoniche non conflittuali, coinvolgendo anche gli ortodossi “scismatici”. Questo renderebbe giustizia anche alle iniziative del presidente Poroshenko, che “come capo dello Stato, deve garantire uguali diritti a tutti i credenti”, superando i conflitti e le accuse reciproche. Il superamento delle divisioni ecclesiastiche, aggiunge Drabinko, “è anche un problema di sicurezza nazionale”.
Riguardo al Patriarcato di Mosca, Aleksandr ha sottolineato la sua totale dipendenza dalla politica del presidente Putin, affermando che “probabilmente stanno già valutando la sua possibile incoronazione a zar di tutte le Russie”, ma l’ideologia che lo sostiene, quella del “mondo russo” sottomesso a Mosca anche oltre i confini della Russia, non è accettabile per gli ucraini. Semmai, conclude il metropolita, si potrebbe parlare di una riunione spirituale di tutti gli ortodossi slavi orientali, discendenti dal battesimo di Kiev del 988, senza pretese politiche o imperiali da parte del “grande fratello” e senza aggressioni reciproche.
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