Al via il Congresso missionario dell’India: chiamati a incarnare il messaggio di Cristo
di Nirmala Carvalho
Da oggi fino al 18 ottobre 1500 rappresentanti della Chiesa indiana al lavoro sul tema “Lasciate brillare la vostra luce”. Grande festa alla cerimonia di inaugurazione. Nella relazione di apertura di mons. Dabre l’invito a testimoniare la fede con tutta la vita: “La vera missione avviene quando il messaggero diventa messaggio”.
Mumbai (AsiaNews) - Il primo Congresso missionario della Chiesa Indiana (Imc) ha aperto i battenti oggi presso il Seminario San Pio X di Goregaon, Mumbai. Per preparare l’evento, in hindi PrabhuYesu Mahotsav, c’è voluto oltre un anno di lavoro. Ed oggi la commissione organizzativa, guidata da mons. Agnelo Gracias, ausiliare di Mumbai, e p. Vijay Shantiraj, ha visto coronati i suoi sforzi accogliendo gli oltre 1500 delegati.
In un grande clima di festa, i partecipanti sono sttai accolti da una suggestiva scenografia creata con la luce di centinaia di lampade ed il suono dei bhajans, i canti devozionali della tradizione cristiana dell’India.
All’ingresso del seminario gli organizzatori hanno esposto striscioni con i nomi di tutte le diocesi di provenienza dei delegati a riassumere la ricchezza della storia del cristianesimo in India e del suo impegno missionari lungo i secoli; vi è stata l'intronizzazione della parola di Dio con il dono del fuoco (arathi), davanti a un volto di Gesù avvolto da ghirlande di fiori.
A Mumbai sono arrivati oltre 100 vescovi, centinaia di religiosi, suore e laici provenienti da 160 diocesi in rappresentanza dei tre riti presenti nel Paese, latino, siro-malabarico e siro-malancarese. Le tre Chiese hanno collaborato alla realizzazione del Congresso attribuendo così un “valore storico all’evento” come sottolineato con soddisfazione e commozione dal card. Varkey Vithayathil, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (Cbci).
I quattro giorni del Congresso (14-18 ottobre), sul tema “Lasciate brillare la vostra luce”, prevedono un fitto calendario di incontri, celebrazioni, testimonianze e spettacoli.
Ad aprire i lavori, nel seminario addobbato a festa per l’occasione, son stati mons. Pedro Lopez Quintana, nunzio apostolico in India, ed il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e vice-presidente della Cbci, che ha ricordato il legame tra il Prabhu Yesu Mahotsav ed il primo congresso missionario asiatico celebrato in Thailandia nel 2006, grazie all’iniziativa di Giovanni Paolo II.
Mons. Thomas Dabre, vescovo di Pune a cui è stata affidata la relazione di apertura, ha sottolineato a più riprese che “la Chiesa esiste per evangelizzare”, che “essere cristiani significa essere missionari” e che questo compito non “riguarda solo i santi” o “i sacerdoti e i religiosi”, ma tutti i fedeli.
“Solo quando viviamo la gioia della fede possiamo essere veri evangelizzatori”, ha affermato il vescovo di Pune aggiungendo che “la vera missione avviene quando il messaggero diventa messaggio”. “Incarnare il messaggio che proclamiamo”, ha detto mons. Dabre, “significa immedesimarsi con Gesù, il primo in cui messaggio e messaggero sono identificati”.
“La vita della fede, il culto, la preghiera non devono essere solo un momento nella chiesa o in privato, ma devono influenzare e dare forma all’ambito pubblico, socio-economico e all’intera sfera temporale della vita che deve trovare la sua consistenza nella fede cristiana”. Mons. Dabre ha ricordato che la chiamata di Cristo ad ogni fedele è quella di “fare del suo messaggio la nostra identità”.
Il vescovo di Pune ha sottolineato poi che la coincidenza di messaggio e messaggero è la vera strada per condividere la luce di Cristo con chiunque, in India e nel mondo. Davanti ad un cristiano che incarna e vive la sua fede “le false accuse di conversioni forzate, ottenute con l’inganno e l’adescamento” rivelano in modo chiaro la loro infondatezza basata su “incomprensione, pregiudizio, paura ed insicurezza”.
Mons. Dabre ha ricordato la testimonianza offerta a tutto il mondo dai cristiani dell’Orissa e di altre parti dell’India che hanno pagato anche con la vita la loro fede in Cristo. “ I fondamentalisti e gli estremisti che si oppongono alla Chiesa – ha detto il vescovo - sono un piccolo numero e non rappresentano la mentalità del popolo indiano che è tollerante, corretto e rispettoso della costituzione secolare del Paese”.
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