Aids story: le Figlie della Carità e l’amore per i malati più emarginati
Muringoor (AsiaNews) – E’ da 14 anni che le suore Figlie della Carità portano speranza e servono con amore le vittime dell’Hiv/Aids. La loro casa, intitolata a San Vincenzo, a Muringoor (Kerala), cominciò a funzionare con 25 pazienti nel 1996. Ora ha 73 ospiti: uomini, donne e bambini. “Siamo felici di essere con loro, e servirli, perché in loro vediamo il volto di Cristo” ha detto ad AsiaNews suor Teresa Pegado. Le suore si prendono cura dei malati di Aids, e li accompagnano preparandoli a una morte serena. Dal 1996 al 2003 più di 832 vittime dell’Aids sono morte nella loro casa. Le cure per i pazienti sono iniziate sette anni fa, nel 2003. “Abbiamo cominciato a poter fare controlli regolari, e ad aumentare la loro resistenza immunitaria. Così il tasso di mortalità è cominciato a scendere a una o due persone al mese”. Alcuni dei bambini ci sono stati portati subito dopo la nascita, dagli ospedali alla casa di riabilitazione. “Abbiamo la possibilità di dargli un’istruzione. Le nostre preoccupazioni principali sono: cura, riabilitazione, occupazione” ha detto suor Pegado.
Le suore insegnano ai loro ospiti a fabbricare rosari. Il programma della giornata prevede preghiere in comune, adorazione e messa. “Diamo anche lezioni su temi come fede e morale. Sono felici, e uniti, come in una famiglia. Organizziamo programmi di intrattenimento, come film, o li portiamo a fare delle passeggiate”. Le suore, insieme con le altre persone dello staff che si prendono cura dei pazienti di Aids, li assistono in tutte le loro esigenze, li aiutano ad accettare la loro situazione, e li assistono spiritualmente per prepararsi a una buona morte. “All’inizio le persone avevano paura dei malati di Aids. Il più grande problema che abbiamo dovuto risolvere era quello della sepoltura. Non ci era permesso seppellirli nel cimitero comune. Una volta siamo state obbligate a portare indietro un corpo, perché la persona che era morta apparteneva a uno Stato diverso” ha detto suor Mary Manjooran.
Il secondo problema era il trattamento in ospedale. Nel momento in cui le suore dicevano che la persona era malata di Aids, i dottori avevano così paura da non volerli curare nel loro ospedale. “Una volta abbiamo avuto un sacco di problemi. Abbiamo dovuto fare la spola fra Trissure e Trivandrum in Kerala, e poi al collegio medico di Kottayam. E infine la paziente è stato accettata a Kottayam con molte difficoltà. E tutto questo solo perché la donna era malata di Aids”.
Ora le cose sono cambiate. Molti si fanno avanti per aiutare le suore della casa di San Vincenzo. Molte persone arrivano e mostrano la loro generosità, aiutando a occuparsi dei pazienti. Una congregazione religiosa ha preso l’abitudine di mandare i suoi seminaristi a servire i malati. E anche la situazione negli ospedali è mutata.
In passato in molti casi le persone malate di Hiv/Aids sono state mandate via dalle famiglie o dalle comunità in cui vivevano. Ad alcuni è stato negato il trattamento medico necessario. E talvolta non hanno avuto nemmeno il conforto religioso prima della morte. L’India ha una popolazione di circa un miliardo di persone, metà delle quali sono adulti che possono essere sessualmente attivi. Il primo caso di Aids è stato scoperto nel 1986, e da allora l’infezione si è diffusa in tutti gli stati e territori, ma in maniera diseguale. L’Hiv è più presente nella metà meridionale del sub-continente. Le punte di maggiore diffusione sono nell’ Andhra Pradesh, nel Maharashtra, nel Tamil Nadu e nel Karnataka al sud, e a Manipur e nel Nagaland nel nord est. La grande maggioranza dei pazienti sono eterosessuali. “Siamo felici di servire i malati di Aids senza tener conto delle differenze di casta, credo e linguaggio. Per noi sono membra sofferenti di Cristo” ha detto suor Manjooran.