Addetto alle pulizie cristiano dell’editore del Corano in carcere per blasfemia
Rehmat Masih è in carcere da 5 mesi e la famiglia minacciata. Aveva rifiutato di convertirsi all’islam. Lo incolpano per alcune pagine del testo sacro dei musulmani trovate nello scarico fognario, ma non c’è alcuna prova contro di lui.
Karachi (AsiaNews) – In Pakistan un cristiano adulto, Rehmat Masih, si trova da cinque mesi in carcere in un nuovo caso inventato di blasfemia. L’accusa è di aver profanato e dissacrato le pagine del Corano, ma in realtà avrebbe semplicemente rifiutato l'offerta di cambiare religione. La polizia ha anche minacciato la famiglia intimandole di non perseguire legalmente il caso. Per questo ha dovuto trasferirsi in un luogo più sicuro.
Rehmat (44 anni), padre di due figli adolescenti, ha lavorato per 20 anni come addetto alle pulizie presso la casa editrice Zam Zam, che si occupa della stampa e della rilegatura del testo sacro musulmano. I proprietari e i dipendenti gli avevano proposto di convertirsi all'Islam, ma lui si era ripetutamente rifiutato di cambiare religione.
Il 28 dicembre scorso, Rehmat si è recato presso la Zam Zam Publishers per il consueto lavoro; qui gli hanno chiesto informazioni sulla deturpazione di alcune pagine del Corano trovate nello scarico fognario. Rehmat ha risposto di essere all'oscuro delle pagine sacre scomparse dalla casa editrice.
Il 3 gennaio 2022, la polizia ha arrestato Rehmat Masih accusandolo di aver commesso blasfemia e lo ha torturato duramente per fargli ammettere di aver profanato e dissacrato il Corano, reato previsto dalla sezione 295-B del Codice penale pakistano, punibile con la reclusione a vita.
Il 19 gennaio 2022 è stata presentata una richiesta di libertà su cauzione per l'imputato, ma il giudice l’ha respinta. In un'udienza tenutasi il 31 maggio 2022, Rehmat Masih ha fatto mettere agli atti una sua dichiarazione davanti al giudice onorario, nella quale afferma che "non si dichiara colpevole dell'accusa di blasfemia mossa contro di lui".
Il presidente di Voice for Justice, Joseph Jansen, ha affermato che le leggi sulla blasfemia hanno creato un ambiente in cui le persone, compresi i denuncianti e i loro sostenitori influenti, si ritengono autorizzati a farsi giustizia da soli. Ha chiesto che gli agenti di polizia svolgano i loro compiti in modo imparziale e che la loro condotta non sia influenzata da convinzioni religiose.
Ilyas Samuel, un attivista sociale, ha affermato che le indagini della polizia si sono rivelate particolarmente lacunose in questo caso di blasfemia. Ma è ancora più inquietante che gli agenti di polizia sostengano pratiche illegali per trasformare il finto crimine in realtà e presentino falsi testimoni con dichiarazioni contrastanti davanti al tribunale d'onore per provare un reato che non è mai stato commesso dall'accusato.
Malook Samuel ha definito impensabile che - senza alcun testimone oculare del presunto evento e senza prove - l'accusato sia dietro le sbarre, mentre i denuncianti e i testimoni coinvolti nel lanciare false accuse contro l'accusato godano dell'impunità, e non siano invece perseguiti per le accuse di falsa testimonianza ai sensi della Sezione 182 del Codice penale, che prevede pene dai 5 ai 7 anni.
Il pastore Tariq George ha aggiunto che è deplorevole che persone innocenti siano prese di mira per regolare conti personali, e che questa storia sia stata creata per punire le minoranze religiose che non vogliono cambiare la propria fede.
07/03/2019 12:31
15/04/2011