Abbotabad: cristiana incinta, torturata dalla polizia. Gravidanza a rischio
di Jibran Khan
Salma Emmanuel, al quinto mese, è ricoverata in condizioni critiche in ospedale. Il marito è stato accusato di un furto commesso nella casa in cui la giovane lavorava come domestica. I ladri hanno rubato anche 100 grammi di oro che Salma aveva affidato alla padrona musulmana, perché li conservasse fino al matrimonio del fratello.
Islamabad (AsiaNews) – Accusati di un furto che non hanno commesso, vittime di violenze e abusi da parte delle forze dell’ordine, che rischiano di procurare una interruzione di gravidanza alla donna, incinta al quinto mese di gravidanza. È la terribile vicenda che vede protagonista una coppia di cristiani pakistani, Salma Emmanuel di 30 anni, ricoverata in ospedale in condizioni “critiche” e il marito Emmanuel Masih, custodito dalla polizia in una località sconosciuta. Sull’episodio è intervenuto con una dura nota anche il vescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Rufin Anthony, che denuncia “rapimenti, stupri e torture” ai danni delle domestiche cristiane, mentre le autorità continuano a sbandierare “parità dei diritti”.
Salma Emmanuel è ricoverata dal 6 novembre in ospedale in “condizioni critiche”, per le violenze subite dagli agenti durante l’interrogatorio; ed è la donna, seppur sofferente e in ansia per la sorte del marito, a raccontare ad AsiaNews il dramma vissuto. Originaria di Mohallah Raja Sultan, a Rawalpindi, si è trasferita circa un anno fa col marito nei dintorni di Abbotabad. La giovane cristiana lavora come domestica della famiglia di Ghazal Riaz, una musulmana, nei pressi della sede locale delle poste.
La scorsa settimana Salma ha acquistato 100 grammi di oro in ornamenti, in previsione del matrimonio del fratello a Rawalpindi. Non volendo conservare i preziosi nella propria abitazione, li ha affidati alle cure di Ghazal Riaz perché li conservasse fino alle nozze. Il 5 novembre riceve una telefonata dalla padrona, che le comunica di un furto avvenuto nella sua casa. I malviventi avrebbero prelevato circa 900mila rupie (poco più di 10 dollari) e 300 grammi di oro, fra cui i preziosi della domestica cristiana.
La coppia si è subito diretta a casa della signora musulmana che, nel frattempo, aveva allertato le forze dell’ordine, accorse sul posto con un team di cani poliziotto. Nell’abitazione vi era anche Jawad, fratello di Riaz e colonnello dell’esercito. Gli animali hanno iniziato a puntare ripetutamente Emmanuel Masih, sebbene si trovasse per la prima volta all’interno dell’abitazione. Il colonnello Jawad ha cominciato a pressare i poliziotti, perché arrestassero Emmanuel; gli agenti lo hanno trasferito al locale comando e di lui non si hanno notizie certe.
Il giorno successivo, 6 novembre, anche la moglie è stata convocata in caserma. Gli agenti l’hanno minacciata, picchiata, torturata a livello psicologico dicendole che l’avrebbero fatta abortire e non avrebbe più rivisto il marito. La polizia, dietro pressioni della famiglia Riaz, intendeva estorcere la confessione di un reato che la coppia cristiana non ha commesso. “Mi hanno torturata in modo brutale – confessa in lacrime Salma Emmanuel – e quando ero vicina a perdere i sensi, mi hanno rispedita a casa”. Ora è ricoverata in un letto di ospedale, ignara della sorte del marito, e con il pericolo concreto di perdere il bambino che da cinque mesi che porta in grembo.
Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi mons. Rufin Anthony parla di “fatto tristissimo”, perché “per l’ennesima volta persone di potere hanno esercitato la loro influenza per prevaricare sui deboli e la legge”. Il prelato aggiunge che hanno “quasi strappato una vita innocente” e conferma la pratica ormai quotidiana di “rapimenti, stupri e torture” ai danni della minoranza religiosa, mentre le autorità continuano a sbandierare “parità dei diritti”.
Salma Emmanuel è ricoverata dal 6 novembre in ospedale in “condizioni critiche”, per le violenze subite dagli agenti durante l’interrogatorio; ed è la donna, seppur sofferente e in ansia per la sorte del marito, a raccontare ad AsiaNews il dramma vissuto. Originaria di Mohallah Raja Sultan, a Rawalpindi, si è trasferita circa un anno fa col marito nei dintorni di Abbotabad. La giovane cristiana lavora come domestica della famiglia di Ghazal Riaz, una musulmana, nei pressi della sede locale delle poste.
La scorsa settimana Salma ha acquistato 100 grammi di oro in ornamenti, in previsione del matrimonio del fratello a Rawalpindi. Non volendo conservare i preziosi nella propria abitazione, li ha affidati alle cure di Ghazal Riaz perché li conservasse fino alle nozze. Il 5 novembre riceve una telefonata dalla padrona, che le comunica di un furto avvenuto nella sua casa. I malviventi avrebbero prelevato circa 900mila rupie (poco più di 10 dollari) e 300 grammi di oro, fra cui i preziosi della domestica cristiana.
La coppia si è subito diretta a casa della signora musulmana che, nel frattempo, aveva allertato le forze dell’ordine, accorse sul posto con un team di cani poliziotto. Nell’abitazione vi era anche Jawad, fratello di Riaz e colonnello dell’esercito. Gli animali hanno iniziato a puntare ripetutamente Emmanuel Masih, sebbene si trovasse per la prima volta all’interno dell’abitazione. Il colonnello Jawad ha cominciato a pressare i poliziotti, perché arrestassero Emmanuel; gli agenti lo hanno trasferito al locale comando e di lui non si hanno notizie certe.
Il giorno successivo, 6 novembre, anche la moglie è stata convocata in caserma. Gli agenti l’hanno minacciata, picchiata, torturata a livello psicologico dicendole che l’avrebbero fatta abortire e non avrebbe più rivisto il marito. La polizia, dietro pressioni della famiglia Riaz, intendeva estorcere la confessione di un reato che la coppia cristiana non ha commesso. “Mi hanno torturata in modo brutale – confessa in lacrime Salma Emmanuel – e quando ero vicina a perdere i sensi, mi hanno rispedita a casa”. Ora è ricoverata in un letto di ospedale, ignara della sorte del marito, e con il pericolo concreto di perdere il bambino che da cinque mesi che porta in grembo.
Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi mons. Rufin Anthony parla di “fatto tristissimo”, perché “per l’ennesima volta persone di potere hanno esercitato la loro influenza per prevaricare sui deboli e la legge”. Il prelato aggiunge che hanno “quasi strappato una vita innocente” e conferma la pratica ormai quotidiana di “rapimenti, stupri e torture” ai danni della minoranza religiosa, mentre le autorità continuano a sbandierare “parità dei diritti”.
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