A nove anni dalla guerra civile, la regione del Vanni è ancora sotto occupazione militare
Numerose famiglie ancora sfollate, senza accesso ai loro mezzi di sostentamento. I militari sfruttano i terreni trattenuti in modo illegale e aggrediscono le donne. Il rapporto pubblicato da due organizzazioni della società civile chiede al governo di rispettare le raccomandazioni Onu.
Colombo (AsiaNews) – “Nove anni dopo la fine della guerra civile in Sri Lanka, l’esercito sta ancora rendendo difficile il ritorno a una vita quotidiana sostenibile per le comunità tamil del Vanni”. Queste sono le conclusioni del rapporto The Vanni: Civilian Land under Military Occupation. Displacement, Resettlement, Protests, presentato questo mese a Ginevra, dopo una prima presentazione in Sri Lanka, da parte della Society for Threatened Peoples (Stp) e del National Fisheries Solidarity Movement (Nafso) presso la Sri Lanka Foundation Institution, a Colombo, lo scorso 28 febbraio.
Il Vanni è un'area nel nord del Paese, dove le forze militari occupano ancora un’ampia area di territorio, utilizzandola per vari scopi, anche economici. Per questo, numerose persone sono ancora bloccate dal tornare alle loro terre ancestrali e hanno perso il loro tradizionale mezzo di sostentamento, in quanto contadini e pescatori, per i quali l’accesso diretto ad acqua e terreno è cruciale alla loro auto-sufficienza.
Nel rapporto, le due organizzazioni chiedono al governo la demilitarizzazione dell’area del Vanni, l’interruzione delle attività commerciali dei militari, l’assicurazione dei diritti alla terra di tutti gli sfollati attraverso la liberazione delle aree occupate e l’accesso all’acqua a tutte le comunità tamil.
Nel 2017, diverse comunità locali hanno manifestato per mesi, cercando di sensibilizzare la società sulla loro situazione. In alcune aree, la protesta ha avuto successo, ottenendo la restituzione di terreni occupati. Ma anche in quel caso si è trattato di una mezza vittoria: diversi abitanti sono tornati a infrastrutture distrutte e a zone rurali prive dell'acqua, necessaria all’agricoltura. In certe zone del Vanni le proteste continuano ancora oggi, mentre le promesse di restituire i terreni delle autorità restano inattese.
Il rapporto denuncia che l’esercito ha acquisito terreni in maniera illegale, senza seguire le procedure ufficiali e senza notifica alle comunità, ma ha “semplicemente trattenuto il terreno dopo che la guerra è finita, in contrasto con quanto previso dal quadro di riferimento legale”. I redattori affermano inoltre che la situazione pone donne e ragazze in uno stato di estrema vulnerabilità, poiché il governo non assicura la loro “integrità fisica” ed esse sono spesso oggetto di violenze di genere a opera delle forze di sicurezza, con “molti casi che non vengono denunciato a causa dello stigma sociale e la paura di ritorsioni”.
In conclusione, il rapporto denuncia un “significativo divario fra la retorica del governo sulla riconciliazione e le realtà attuali sul terreno”, e fa appello affinché le autorità “applichino le raccomandazioni della risoluzione del Unhrc [Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ndr] 30/1 sulla promozione della riconciliazione, trasparenza e diritti umani in Sri Lanka”.