A Urumqi riprende la vita “normale”, dopo che ieri si è sfiorato lo scontro etnico
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Oggi a Urumqi, capitale dello Xinjiang, sono state tolte le restrizioni al traffico: auto private e mezzi pubblici circolano con regolarità, molti negozi sono aperti e parecchi abitanti sono tornati per le strade. Almeno 600 poliziotti presidiano le strade principali e altre migliaia sono pronti a intervenire, dopo che due giorni fa le proteste hanno causato violenti scontri con 5 morti e almeno 14 feriti. Ha riaperto la moschea Hantenggeli nel centro città, chiusa ieri, nonostante la festività islamica, per paura di scontri.
In decine di migliaia hanno protestato il 3 settembre, soprattutto etnici han, preoccupati per le misteriosi aggressioni di ignoti armati di siringhe ipodermiche con cui “pugnalano” i passanti. I media hanno parlato di 513 ferimenti da metà agosto. Non è bastata l’assicurazione delle autorità che nessuno è stato infettato o avvelenato e che non risulta che le siringhe contengano sostanze nocive. Mancano ancora migliori notizia degli scontri: il vicesindaco Zhang Hong ha soltanto aggiunto che tra i 5 “morti negli scontri” ci sono “2 persone innocenti”, senza spiegare.
Ieri ci sono state nuove proteste e la polizia ha fatto cordoni e lanciato gas lacrimogeno per impedire a migliaia di han di penetrare nei quartieri uiguri.
L’opinione pubblica degli han e anche funzionari locali incolpano la minoranza uiguri per le aggressioni. Il ministro della Pubblica sicurezza Meng Jianzhu, venuto ieri a Urumqi per meglio seguire la situazione, dice che queste aggressioni vogliono danneggiare l’unità della città e sono “istigate da forze etniche separatiste”, sono una continuazione delle proteste di luglio. Decine di migliaia di uiguri sono scesi allora in piazza per protestare contro i maltrattamenti e l’emarginazione. Le manifestazioni pacifiche si sono trasformate in scontri con polizia e popolazione, con quasi 200 morti, in gran parte han, e migliaia di feriti.
Le autorità cinesi hanno favorito l’immigrazione degli han nella regione, cui hanno destinato posti di potere e facilitazioni nei commerci. Ora nella provincia gli han sono la maggioranza e gli autoctoni uiguri si sentono stranieri a casa loro e accusano Pechino di cercare di far dimenticare la loro lingua e tradizioni e di portare via il petrolio e le altre risorse naturali a vantaggio delle altre province. La tensione tra le etnie cresce da anni, ma non c’erano mai state proteste violente come a luglio.