A Teheran regna l’incertezza sulle prossime elezioni
Teheran (AsiaNews/Agenzie) – Nella capitale iraniana e in tutto il Paese si diffonde l’incertezza sulle elezioni del prossimo 12 giugno, dopo che il moderato Mohammed Khatami si è ritirato a favore di Hossein Musavi.
Un mese fa la decisione di Khatami di partecipare alle elezioni presidenziali aveva riscosso l’attenzione di tutto il mondo, ricordando la sua doppia presidenza dal 1997 al 2005, aperta al dialogo con gli Stati Uniti e con il mondo arabo. Ma il 16 marzo sera egli si è ritirato dalla competizione per favorire Hossein Musavi, “capace organizzatore” e per ridurre le critiche di coloro che “seminano discordia nel campo dei riformatori”.
Fino ad ora, nel campo dei moderati, a sfidare l’ultraconservatore Ahmadinejad, presidente in carica, vi erano Khatami e l’ex presidente della Majlis (parlamento) Mehdi Kharrubi. Entrambi però rischiano di non riuscire a vincere, dato il peso dei conservatori e l’appoggio che ad Ahmadinejad viene dal capo supremo, l’ayatollah Ali Khamenei.
Secondo analisti, questa previsione ha spinto i due a puntare su un candidato moderato, ma ben visto anche da alcune frange di conservatori, quale è Musavi.
Hossein Musavi, 67 anni, è stato ministro degli esteri all’inizio della guerra Iran-Iraq, nel 1980, e in seguito è divenuto anche primo ministro. Durante la presidenza di Khatami egli è stato suo consigliere. Ritiratosi dalla politica, egli ha continuato il suo lavoro di architetto e di accademico. Molti osservatori lo definiscono un pragmatico e una persona capace nell’amministrazione. Per questo è probabile che molti elettori lo potranno sostenere nella crisi economica che attenaglia il Paese. Musavi è comunque un convinto assertore del sistema islamico e conosciuto come un anti-americano, ma è più aperto di Ahmadinejad nelle riforme. Proprio queste caratteristiche, così vicine ad Ahmadinejad, potrebbero favorirlo. L’attuale presidente infatti, pur godendo di sostegno di Khamenei, non gode di molta stima fra il clero sciita e gli stessi Guardiani della rivoluzione (pasdaran), dati i suoi fallimenti nell’economia e nella politica estera.