07/06/2014, 00.00
TAIWAN - CINA
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A Taiwan, anche l'opposizione vuole dialogare con Pechino

di Xin Yage
Tsai Ing-wen, capo del Dpp (Partito democratico progressista) vuole incontrare Zhang Zhijun (張志軍), il ministro cinese incaricato per le relazioni con Taiwan; il sindaco di Tainan ha incontrato il sindaco di Shanghai. Un contributo per togliere le ambiguità al "consenso" sulla "unica Cina".

Taipei (AsiaNews) - Esponenti del partito di opposizione Dpp (Democratic Progressive Party, 民進黨) hanno deciso all'improvviso di incontrarsi con gli ufficiali rappresentanti del governo della Repubblica popolare cinese o con i loro corrispettivi.

Sono passati due mesi dall'occupazione del parlamento da parte degli studenti che - con l'appoggio esplicito del Dpp - protestavano per i troppi vantaggi concessi al continente con la firma dell'accordo commerciale (Cross-Strait Service Trade Agreement), che ratifica l'accordo ECFA (Economic Cooperation Framework Agreement - in cinese 海峽兩岸經濟合作架構協議) del 2010.

Non vedendo però alternative a un colloquio diretto con i rappresentanti del continente, Tsai Ing-wen (蔡英文), presidente del Dpp (a destra nella foto), ha reso noto in settimana di volerli incontrare per chiarire le posizioni di quella parte di taiwanesi che non si sente rappresentata dall'attuale governo del Kuomintang (Kmt, 國民黨).

Tsai Ing-wen non è sola a fare ciò: all'interno del partito, anche il sindaco di Tainan, Lai Ching-te (賴清德) proprio ieri si è recato a Shanghai per incontrare la sua controparte Yang Xiong (楊雄), sindaco della megalopoli cinese.

Anche Lai Ching-te ha motivato il suo viaggio con lo scopo di rendere note le opinioni di tutti i taiwanesi che non sentono rispecchiati nell'azione ufficiale del governo di Taipei.

Tsai Ing-wen vorrebbe incontrare Zhang Zhijun (張志軍), il ministro cinese incaricato per le relazioni con Taiwan, nella sede del quartier generale del Dpp.

Rappresentanti del Kmt hanno espresso opinioni molto positive su questa possibilità. Tra di essi il portavoce del Kmt, Charles Chen (陳以信), in una conferenza stampa ieri in tarda serata, ha affermato che "è davvero importante che i colloqui con gli ufficiali del continente continuino, per chiarire il più possibile tutte le posizioni e arrivare ad un discorso non contraddittorio tra gli esponenti taiwanesi".

Egli ha poi sottolineato come Tsai Ing-wen dovrebbe spiegare in modo più convincente la sua posizione sul "consenso del 1992" (九二共識), con cui Pechino e Taipei accettavano di lavorare considerando l'esistenza di "un'unica Cina". Per Chen tale consenso è la base da cui partire per ulteriori accordi politici. Il punto è che ufficialmente il Dpp non riconosce questo evento del 1992 come un "consenso" perché tra le parti (semi-ufficiali) che si erano incontrate, alla fine non c'era stato alcun "consenso" su che cosa significhi "una sola Cina" quale principio di accordo (一個中國政策). In effetti, il "consenso" era (forse volutamente) ambiguo, lasciando ad ogni parte di immaginare un futuro sotto la dittatura del Partito comunista cinese o come repubblica democratica in stile Taiwan. Nonostante tali ambiguità, il "consenso" è servito ad avvicinare le due sponde dello Stretto.

Con la proclamazione della Repubblica popolare cinese nel 1949, Chiang Kai-shek (蔣中正) e ciò che restava del Kuomintang fuggirono a Taiwan, spostandovi la Repubblica di Cina.  Dagli anni '80 Taipei e Pechino hanno percorso un lungo cammino di riavvicinamento. Le relazioni fra le due sponde dello Stretto sono migliorate in modo notevole da quando Ma Ying-jeou (馬英九) è diventato presidente di Taiwan (2008) e ha aperto una politica di dialogo con Pechino. Il 29 giugno 2010 c'era già stato l'accordo commerciale tra Taipei e Pechino (ECFA), che ha creato un'area di commercio preferenziale tra l'isola e il continente. Esso era un passo obbligato per Taiwan per riuscire a fissare accordi commerciali internazionali possibili solo con il beneplacito di Pechino. A scatenare le dilaganti proteste dei mesi scorsi, è stata la maniera in cui è stato dibattuto - o meglio: non dibattuto per nulla - il Patto commerciale che Taipei sta discutendo con Pechino. Per questa ragione vi sono state fortissime critiche dell'opposizione, accusando il presidente Ma Ying-jeou e il suo governo di "non rivelare punti importanti delle susseguenti trattative" e di "voler firmare accordi senza l'espressa volontà dei cittadini".

Il tutto ha poi portato alla protesta degli studenti (la "protesta dei girasoli") cha hanno occupato il parlamento tra il 18 marzo e il 10 aprile e la decisione del governo di rivedere punto per punto l'intero percorso dell'accordo.

 

 

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