22/06/2024, 10.45
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Vicario d’Arabia: dalla chiesa di san Francesco una ‘società più giusta e fraterna’

In settimana il prelato ha compiuto la prima visita pastorale nel luogo di culto cristiano parte - con moschea e sinagoga - della “Casa della Famiglia Abramitica”. Il dialogo con persone di fede diversa “non solo auspicabile, ma necessario”. La comunità cristiana “multietnica e multiculturale fin dalle sue origini”. E ricorda che la testimonianza della fede “esclude qualsiasi forma di proselitismo”. 

 

Abu Dhabi (AsiaNews) - “In un mondo caratterizzato da tanto conflitti, tutte le religioni sono chiamate a mostrare come vivere secondo la nostra fede renda persone migliori e capaci di costruire una società più giusta e fraterna”. È quanto ha sottolineato mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), in occasione della prima visita pastorale effettuata in settimana alla chiesa di san Francesco. Si tratta del luogo di culto cristiano all’interno della “Casa della Famiglia Abramitica” di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (Eau), il complesso fondato sul dialogo interreligioso e formato da una chiesa, una moschea e una sinagoga. “Tutti questi valori sono presenti e vissuti” in questa struttura, ha aggiunto il prelato, che vuole poi ringraziare la comunità di fedeli per la “partecipazione” ad una realtà che definisce “unica” per valore e per testimonianza.

La Casa della Famiglia Abramitica è l’edificio simbolo del dialogo fra fedi negli Eau esso ospita una chiesa, una sinagoga e una moschea ed è una delle eredità della visita di papa Francesco, durante la quale si è tenuta la firma del documento sulla Fratellanza umana con Ahmed el-Tayyeb, alla presenza di oltre 400 leader religiosi, per promuovere la coesistenza tra i popoli e combattere l’estremismo. Un centro inaugurato a metà febbraio dello scorso anno, alla presenza di personalità di primo piano delle tre grandi religioni monoteiste coinvolte nel progetto: cattolici, musulmani ed ebrei. In particolare, la chiesa di san Francesco visitata dal vicario è il primo risultato tangibile del cammino iniziato col documento sulla “Fratellanza” sottoscritto dal papa e dall’imam dell’università egiziana di al-Azhar, punto di riferimento dell’islam sunnita.

Durante la “prima visita pastorale” alla chiesa mons. Martinelli ha parlato di momento “molto speciale”, perché essa “non è semplicemente una succursale della cattedrale. È la chiesa che il presidente degli Emirati Arabi Uniti sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan ha donato” a papa Francesco e “affidata al vicariato apostolico dell’Arabia meridionale per la sua animazione pastorale. Si tratta quindi - ha sottolineato - di una Chiesa unica al mondo”. E anche la sua “collocazione è unica” e la sua “unicità” rimanda “immediatamente al documento profetico sulla Fraternità Umana, firmato cinque anni fa qui ad Abu Dhabi” dal pontefice e dall’imam. 

In tema di dialogo “con persone di fede diversa” il vicario spiega che “non è solo auspicabile, ma è anche necessario” e “non riguarda solo un gruppo di intellettuali, ma tutti i fedeli”. “La questione del dialogo interreligioso - afferma - è una questione interna alla nostra fede e non solo opzionale. Questo è vero ovunque, ma è particolarmente vero per noi che viviamo ogni giorno accanto a persone di fedi diverse” in una realtà a larghissima maggioranza musulmana, in cui i cristiani sono perlopiù migranti da altre nazioni dell’Asia, soprattutto Filippine e India. “Quando si viene in questa chiesa - prosegue - per la celebrazione eucaristica o per un momento di preghiera, si entra in un complesso di edifici dove, oltre alla chiesa cattolica, ci sono anche altri due luoghi di preghiera: la moschea e la sinagoga. In questo modo, quando si va in chiesa si è naturalmente portati a riconoscere la presenza di altre religioni e a praticare una convivenza pacifica e costruttiva”.

“Il primo elemento fondamentale che la comunità cristiana sperimenta e che ha in comune con le altre religioni - riflette il prelato - è la certezza dell’assoluta centralità di Dio. Tutte le religioni, pur nella loro grande diversità, sono accomunate dal riferimento al mistero di Dio, fonte e destino di ogni vivente”. Proseguendo la riflessione sulla comunità cristiana, mons. Martinelli la definisce “multietnica e multiculturale fin dalle sue origini. Ma nonostante la diversa natura della comunità, vi era una profonda unione fraterna tra di loro - aggiunge - perché in Cristo si riconoscevano tutti come figli e figlie dello stesso Padre celeste e animati dallo stesso Spirito”.

Infine, il vicario affronta i temi dell’evangelizzazione e del proselitismo la cui importanza è centrale in una terra di missione in cui i cattolici - e i cristiani in generale - sono minoranza. “Fin dall’inizio, il cristianesimo esclude qualsiasi forma di proselitismo” afferma il prelato, perché esso “si diffonde attraverso la testimonianza. Essere testimoni non significa dimostrare di essere bravi o migliori” ma vivere la propria fede “in famiglia, al lavoro, a scuola, con gli amici, nella società”. Da qui l’invito a prendere come modelli ed esempi Sant’Aretas e i suoi compagni “di cui quest’anno celebriamo il 1.500 anniversario del martirio, che subirono proprio in questa regione araba. L’amore di Cristo ci spinge alla conoscenza reciproca, a superare i pregiudizi e a costruire relazioni di stima reciproca, collaborazione, convivenza pacifica e a lavorare insieme per un mondo più fraterno e umano”.

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