19/07/2022, 08.58
RUSSIA
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La Trinità di Rublev torna a casa nel mezzo della guerra

di Vladimir Rozanskij

Il museo d’arte di Mosca ha concesso temporaneamente alla Chiesa ortodossa russa di spostare l’icona alla Lavra dove si trovava originariamente. È la prima volta dal 1918: finora tutte le richieste erano state negate. Strumento di propaganda per alimentare il mito della “Vittoria” russa in Ucraina.

Mosca (AsiaNews) – La Galleria Tretjakov, il principale museo d’arte di Mosca, ha concesso temporaneamente alla Chiesa ortodossa di prendere l’icona della Ss. Trinità di Andrej Rublev. Forse è la più importante opera d’arte di tutta la storia russa, è sarà esposta durante i festeggiamenti per i 600 anni dalla traslazione delle reliquie di San Sergij di Radonež, nella Lavra (monastero) dedicata proprio alla Trinità a 70 km da Mosca. È il più simbolico monastero di tutto il Paese, rimasto aperto anche nel periodo sovietico, quando era chiamato “il Vaticano di Stalin”. La traslazione è già avvenuta.

L’icona era stata dipinta nella prima metà del ‘400 da Rublev, monaco e discepolo di Sergij, proprio per la venerazione del grande monastero, in cui era apposta sopra l’ingresso. Rappresenta la scena riportata dal libro della Genesi dei tre pellegrini in visita ad Abramo alle Querce di Mamre, l’unico soggetto biblico che la Chiesa orientale ammette come rappresentazione della comunione trinitaria. Sull’importanza esclusiva di questa immagine proprio la Chiesa russa si è impegnata per secoli in grandi dibattiti, che nel concilio dei Cento Capitoli del 1552 consacrò l’icona come il simbolo più prezioso della fede ortodossa.

San Sergij è a sua volta il santo rifondatore della Russia cristiana dopo due secoli di invasione tartara, avendo ispirato la vittoria delle armate russe del principe Dmitrij di Mosca contro i mongoli sulle rive del Don, tanto da essere chiamato “Donskoj”. Le spoglie del santo riposano in una chiesa interna alla Lavra, e sono la meta principale dei pellegrinaggi russi nell’affermazione della vera fede insieme alla identità nazionale. La festa assume quindi un particolare significato simbolico nel contesto della guerra in Ucraina, in cui la Russia intende riaffermare i principi fondanti della propria storia.

Il patriarcato di Mosca ha tentato più volte di ottenere l’icona dalla Galleria, ma finora aveva sempre incontrato una posizione di totale rifiuto, per la delicatezza legata al trasporto e all’esposizione di un oggetto artistico tanto antico e fragile. Le sale delle icone rimanevano costantemente chiuse nei tempi sovietici, salvo che per qualche delegazione straniera, e ora sono diventate non solo un luogo di ammirazione dell’arte, ma anche di vera devozione, essendo le icone oggetti strettamente legati alla celebrazione della liturgia ortodossa. L’altra famosissima icona della Madonna di Vladimir è stata tolta dalla sala per essere collocata in un’apposita cappella nel cortile del museo, così che chiunque intenda contemplarla debba anche prosternarsi in atti di riconoscimento orante della sua dimensione ecclesiale.

Tutti i critici d’arte e i restauratori sono insorti contro la decisione del trasferimento, che potrebbe causare all’icona dei danni irreparabili. Il trasporto e l’esposizione in chiesa non permettono infatti di mantenere il giusto regime di temperatura e umidità, indispensabili per la conservazione della “Trinità”. D’altronde l’icona era sempre rimasta nella Lavra fino al 1918, e fu salvata dalla distruzione grazie all’opera di uomini sapienti e capaci di sacrificio come il famoso teologo e sacerdote Pavel Florenskij, che scelse di rimanere nella Russia sovietica ottenendo anche il ruolo di sovrintendente alle Belle Arti, proprio per salvare la Lavra e i suoi tesori, per poi morire martire dopo la detenzione nel lager delle Solovki.

Il permesso è stato dato dal ministero della Cultura, sotto diretta ispirazione del presidente Putin, per riunire attorno alla sacra immagine il popolo impegnato nella grande guerra per ristabilire tutte le dimensioni della propria identità di popolo e di Chiesa. Anche ai tempi di Eltsyn si era parlato di restituire l’icona alla Chiesa, ma fu un prestigioso accademico, Valentin Janin, a convincere l’allora presidente a non metterla a rischio.

Quest’anno la richiesta era stata avanzata a giugno per la festa liturgica della Ss. Trinità, e di nuovo era stata respinta. Ora, dopo ulteriori appelli alla mobilitazione per sgominare gli avversari, nella guerra russa sono state arruolate anche le tre persone della Trinità divina, e l’arte e la scienza sono state piegate alle superiori necessità della Vittoria.

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