É morto p. Joseph Đinh Huy Hưởng, testimone della carità di Cristo nella persecuzione
di Bernardo Cervellera
Ha dedicato 48 anni della sua vita alla pastorale e alla cura di poveri, lebbrosi, montagnard, bambini abbandonati, ragazze madri, studenti. Era divenuto il prete più famoso del Paese, conosciuto da tutti i diseredati. Ha passato anche 10 anni nei lager vietnamiti. Dal 2006 era stato direttore della Caritas Saigon. L’ultima sua invenzione: il mercatino del cibo, delle mense per i poveri segnati dalla crisi economica.
Roma (AsiaNews) – Ieri mattina è morto, p. Giuseppe Đinh Huy Hưởng, forse il sacerdote più noto in tutto il Vietnam. P. Giuseppe, detto “Ut” dagli amici, ha dedicato la sua vita a sostenere l’impegno pastorale della Chiesa e il suo impegno sociale e caritativo, sostenendo poveri, lebbrosi, ragazze madri, bambini orfani, malati di Aids, montagnards senza alcuna distinzione fra cristiani e non: lo ha reso famoso la testimonianza della carità di Cristo a un Paese segnato dagli odi della guerra, da uno sviluppo vorticoso e squilibrato, dalla corruzione e dalla dimenticanza verso i poveri.
Per questo suo impegno egli si è mosso per decenni con la sua moto e poi – a causa della malattia al cuore – anche con l’auto nel Sud e nel Nord del Paese, portando aiuti, confortando vescovi e preti, organizzando risposte amorevoli in una società spesso spietata.
“Ut” era nato il 6 maggio 1940 nella diocesi di Phát Diệm, ma è divenuto sacerdote della diocesi di Saigon (poi Ho Chi Minh City), lavorando per circa 48 anni alla parrocchia di Đức Tin, nella periferia.
Prima del ’75 era stato anche cappellano dei soldati americani stanziati in Vietnam. A causa di ciò, all’avvento del governo comunista, ha ricevuto l’offerta di lasciare il Paese per andare negli Usa, ma non ha voluto accettare. La sua scelta di restare gli è costata 10 anni di lavori forzati (1975-85), dove – ha spesso ricordato – nell’abiezione subita, l’unico conforto era ripetere qualche pagina del Vangelo di san Giovanni imparata a memoria.
Nell’86, il Vietnam apre le porte allo sviluppo economico e ai mercati internazionali (doi moi). Ma queste riforme economiche creano squilibri, migrazioni dalle campagne che portano molti problemi sociali di grande impatto in famiglie e parrocchie. Per far fuggire ragazze madri coinvolte nei giri di prostituzione, p. Joseph si ingegna a costruire un “piccolo focolare” dove ospitare ragazze, soprattutto quelle gravide e aiutarle a non abortire i loro bambini. “È un aiuto – diceva ad AsiaNews – per aiutare le ragazze gestanti. Se non le aiutiamo, saranno costrette a uccidere i loro bambini”.
Ora il “piccolo focolare” è divenuto un porto sicuro per 40 bambini, con l’aiuto e il sostegno delle suore di Madre Teresa (v. 09/03/2006 A Saigon una casa per salvare centinaia di innocenti).
Un altro importante impegno di p. Joseph è stato aiutare i montagnards ad avere scuole, lavoro, cappelle, in una società che li emargina e con un governo sempre sospettoso verso di loro.
Anche i lebbrosi sono stati grandi destinatari dell’aiuto di p. Joseph. Mentre il governo ne pianificava l’esclusione e la morte, lontano dalle città e in luoghi selvaggi e disabitati, il sacerdote è riuscito a creare organizzazioni per istruirli nell’agricoltura, nella distribuzione di medicine e solfoni, nella catechesi e nella preghiera.
Di per sé, tutte queste opere erano proibite dal governo comunista, che frena a tutti i costi l’impatto sociale della Chiesa. Ma la necessità di rispondere a questi bisogni, di cui i grandi vertici non se ne curano, portava poliziotti e governanti locali a chiudere un occhio. E p. Joseph non si è fermato, creando asili, scuole primarie, tecniche, dispensari. Perfino membri del Partito lo supplicavano per prendere i loro bambini nelle sue scuolette di quartiere perché garantivano “un’educazione morale” migliore della scuola di Stato.
Con la maggiore distensione fra governo e Vaticano, anche il suo impegno diviene più ufficiale e dal 2006 al 2009 egli è nominato direttore della Caritas di Saigon. Grazie alla sua dedizione, tutte le parrocchie hanno messo in atto attività sociali e caritative per aiutare poveri e gruppi.
Suor Maria, un tempo sua collaboratrice, ricorda ad AsiaNews il modo in cui “p. Joseph ha aiutato ameno 200 famiglie, cattoliche e non del distretto di Cần Giờ. Nel 2008 un tifone ha distrutto le loro case e i raccolti. P. Joseph ha distribuito riso, piccoli capitali per la ripresa, finanziando famiglie e parrocchie del nord, sostenendo gli studi per i giovani in tutto il Vietnam”.
Nel 2009, a causa di una malattia al cuore, ha dovuto vivere in una casa di cura a Phát Diệm. Ma la scarsa salute non lo ha fermato: ha varato un Fondo di carità Du Sinh (Quĩ Bác Ái Du Sinh), per sostenere i poveri e gli abbandonati del Vietnam.
E soprattutto ha creato gruppi di persone motivate che sono impegnate nell’aiuto alle persone sole, disabili, anziani, orfani, lebbrosi, con Aids, montagnards in tutte le parti del Paese. Lo staff che sostiene tutte queste opere proviene dai giovani delle parrocchie di Đức Tin, Hoàng Mai, Hạnh Thông Tây, e Vĩnh Hiệp, da congregazioni di suore, seminaristi, assistenti sociali, dottori che offrono il loro impegno gratuito.
Una delle ultime sue opere – nate nella crisi economica attuale - sono “i mercatini del cibo”, qualcosa di simile alle mense per i poveri, dove questi possono nutrirsi.
Visitandolo a Phát Diệm, mons. Joseph Đặng Đức Ngân di Lang Son, ha sottolineato il valore della testimonianza di p. Joseph, la cui “generosità, impegno, ricchezza di fede rendono visibile l’amore e la compassione di Gesù stesso”.
Da parte sua , “Ut” amava sempre ripetere: “Tutti questi impegni sono cominciati sempre e soltanto pregando san Giuseppe. Si dice che abbia molto potere e sostiene le nostre domande”.
(Ha collaborato J.B. Vu)
Per questo suo impegno egli si è mosso per decenni con la sua moto e poi – a causa della malattia al cuore – anche con l’auto nel Sud e nel Nord del Paese, portando aiuti, confortando vescovi e preti, organizzando risposte amorevoli in una società spesso spietata.
“Ut” era nato il 6 maggio 1940 nella diocesi di Phát Diệm, ma è divenuto sacerdote della diocesi di Saigon (poi Ho Chi Minh City), lavorando per circa 48 anni alla parrocchia di Đức Tin, nella periferia.
Prima del ’75 era stato anche cappellano dei soldati americani stanziati in Vietnam. A causa di ciò, all’avvento del governo comunista, ha ricevuto l’offerta di lasciare il Paese per andare negli Usa, ma non ha voluto accettare. La sua scelta di restare gli è costata 10 anni di lavori forzati (1975-85), dove – ha spesso ricordato – nell’abiezione subita, l’unico conforto era ripetere qualche pagina del Vangelo di san Giovanni imparata a memoria.
Nell’86, il Vietnam apre le porte allo sviluppo economico e ai mercati internazionali (doi moi). Ma queste riforme economiche creano squilibri, migrazioni dalle campagne che portano molti problemi sociali di grande impatto in famiglie e parrocchie. Per far fuggire ragazze madri coinvolte nei giri di prostituzione, p. Joseph si ingegna a costruire un “piccolo focolare” dove ospitare ragazze, soprattutto quelle gravide e aiutarle a non abortire i loro bambini. “È un aiuto – diceva ad AsiaNews – per aiutare le ragazze gestanti. Se non le aiutiamo, saranno costrette a uccidere i loro bambini”.
Ora il “piccolo focolare” è divenuto un porto sicuro per 40 bambini, con l’aiuto e il sostegno delle suore di Madre Teresa (v. 09/03/2006 A Saigon una casa per salvare centinaia di innocenti).
Un altro importante impegno di p. Joseph è stato aiutare i montagnards ad avere scuole, lavoro, cappelle, in una società che li emargina e con un governo sempre sospettoso verso di loro.
Anche i lebbrosi sono stati grandi destinatari dell’aiuto di p. Joseph. Mentre il governo ne pianificava l’esclusione e la morte, lontano dalle città e in luoghi selvaggi e disabitati, il sacerdote è riuscito a creare organizzazioni per istruirli nell’agricoltura, nella distribuzione di medicine e solfoni, nella catechesi e nella preghiera.
Di per sé, tutte queste opere erano proibite dal governo comunista, che frena a tutti i costi l’impatto sociale della Chiesa. Ma la necessità di rispondere a questi bisogni, di cui i grandi vertici non se ne curano, portava poliziotti e governanti locali a chiudere un occhio. E p. Joseph non si è fermato, creando asili, scuole primarie, tecniche, dispensari. Perfino membri del Partito lo supplicavano per prendere i loro bambini nelle sue scuolette di quartiere perché garantivano “un’educazione morale” migliore della scuola di Stato.
Con la maggiore distensione fra governo e Vaticano, anche il suo impegno diviene più ufficiale e dal 2006 al 2009 egli è nominato direttore della Caritas di Saigon. Grazie alla sua dedizione, tutte le parrocchie hanno messo in atto attività sociali e caritative per aiutare poveri e gruppi.
Suor Maria, un tempo sua collaboratrice, ricorda ad AsiaNews il modo in cui “p. Joseph ha aiutato ameno 200 famiglie, cattoliche e non del distretto di Cần Giờ. Nel 2008 un tifone ha distrutto le loro case e i raccolti. P. Joseph ha distribuito riso, piccoli capitali per la ripresa, finanziando famiglie e parrocchie del nord, sostenendo gli studi per i giovani in tutto il Vietnam”.
Nel 2009, a causa di una malattia al cuore, ha dovuto vivere in una casa di cura a Phát Diệm. Ma la scarsa salute non lo ha fermato: ha varato un Fondo di carità Du Sinh (Quĩ Bác Ái Du Sinh), per sostenere i poveri e gli abbandonati del Vietnam.
E soprattutto ha creato gruppi di persone motivate che sono impegnate nell’aiuto alle persone sole, disabili, anziani, orfani, lebbrosi, con Aids, montagnards in tutte le parti del Paese. Lo staff che sostiene tutte queste opere proviene dai giovani delle parrocchie di Đức Tin, Hoàng Mai, Hạnh Thông Tây, e Vĩnh Hiệp, da congregazioni di suore, seminaristi, assistenti sociali, dottori che offrono il loro impegno gratuito.
Una delle ultime sue opere – nate nella crisi economica attuale - sono “i mercatini del cibo”, qualcosa di simile alle mense per i poveri, dove questi possono nutrirsi.
Visitandolo a Phát Diệm, mons. Joseph Đặng Đức Ngân di Lang Son, ha sottolineato il valore della testimonianza di p. Joseph, la cui “generosità, impegno, ricchezza di fede rendono visibile l’amore e la compassione di Gesù stesso”.
Da parte sua , “Ut” amava sempre ripetere: “Tutti questi impegni sono cominciati sempre e soltanto pregando san Giuseppe. Si dice che abbia molto potere e sostiene le nostre domande”.
(Ha collaborato J.B. Vu)
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12/12/2019 09:57
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