Yangon, scontri fra polizia e studenti in piazza contro il no dei militari a Aung San Suu Kyi
Yangon (AsiaNews) - Una folla infuriata si è scontrata ieri pomeriggio con la polizia in centro a Yangon in una delle rare proteste di piazza in Myanmar, nazione guidata per decenni da una rigida dittatura militare e dal 2011 impegnata in un difficile cammino di transizione democratica. I cittadini hanno manifestato contro il voto in Parlamento della scorsa settimana, che ha sancito il mantenimento in vigore del veto dei rappresentanti dell’esercito in tema di riforme costituzionali. Una scelta che ha come diretta conseguenza l’esclusione della leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi dalle elezioni presidenziali per una norma contra personam contenuta all’interno della Carta.
A lanciare la protesta un gruppo di studenti - assieme ai monaci promotori delle più grandi manifestazioni di piazza in Myanmar, sempre represse nel sangue dall’esercito - cui si sono uniti col passare dei minuti centinaia di cittadini. I dimostranti hanno chiesto la cancellazione della quota del 25% dei seggi in Parlamento riservata per legge ai militari; una norma che, unita al 75% dei voti di deputati e senatori necessaria per modificare la Costituzione, di fatto blocca ogni riforma in chiave realmente democratica del Paese.
Ad affrontare gli studenti e i cittadini vi erano numerosi poliziotti in tenuta anti-sommossa, armanti di scudi e manganelli. I dimostranti hanno intonato a più riprese lo slogan “Venticinque percento in Parlamento. Andatevene! Andatevene!” riferendosi in maniera diretta ai militari, per poi aggiungere: “Vogliamo cambiare la Costituzione!”.
L’intervento degli agenti ha originato lo scontro, anche se al momento non risultano conferme di arresti o feriti al termine dei tafferugli.
Al centro della controversia il famigerato articolo 59 della Costituzione del Myanmar, una norma stilata su misura per Aung San Suu Kyi, che impedisce a un cittadino birmano di diventare presidente se ha figli stranieri (i suoi sono britannici, come il defunto marito). Nei mesi scorsi la leader della Lega nazionale per la democrazia - principale partito di opposizione e probabile trionfatore nel voto che si terrà fra ottobre e novembre - aveva legato i “cambiamenti sinceri” del Myanmar a una modifica democratica della Costituzione.
Nei mesi scorsi almeno cinque milioni di cittadini, pari al 10% circa della popolazione, avevano firmato una petizione promossa dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) che chiedeva di emendare l’art. 436 della Costituzione; esso prevede il 75% dei voti per eventuali modifiche della Carta e assegna di fatto tutto il potere nelle mani dei militari.
Interpellato da AsiaNews l’attivista cattolico Bosco Sawthuya, presidente della National Catholic Youth Commission of Myanmar (Ncycm), parla di “sensazione di democrazia artificiale” quando si arriva al livello “decisionale in Parlamento”. Egli dice di non essere sorpreso dal voto della scorsa settimana, perché di fatto non si avverte un reale processo di transizione democratica e molti dei cambiamenti avvenuti sinora restano solo di facciata. Per quanto riguarda Aung San Suu Kyi, avverte, “noi continuiamo a credere in lei, perché è la sola che può dar vita a una vera democrazia e dare la pace al nostro Paese, il Myanmar”. “Per questo - conclude - saremo uniti a lei e continueremo a lottare per la democrazia e la giustizia in Myanmar con lei”.
05/01/2018 11:44