04/09/2018, 12.24
MYANMAR
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Yangon, attivisti e comunità internazionale per il rilascio dei giornalisti condannati

Wa Lone e Kyaw Soe Oo ndagavano sull'uccisione di 10 Rohingya: ora devono scontare una condanna a sette anni di carcere per il “possesso di documenti riservati”. La controversa sentenza rappresenta un duro colpo al sistema giudiziario, alla libertà di stampa e alla transizione democratica del Paese.

Yangon (AsiaNews) – Giornalisti, attivisti per diritti umani e comunità internazionale esprimono disappunto per la condanna a sette anni di carcere emessa contro due reporter della Reuters e chiedono il loro immediato rilascio. Secondo i critici, la controversa sentenza rappresenta un duro colpo al sistema giudiziario, alla libertà di stampa e alla transizione democratica del Paese. Sin dal fermo dei due giornalisti, in molti hanno sostenuto che il caso fosse una “trappola organizzata dalla polizia”.

Tra questi vi erano anche alcuni parlamentari ed esponenti della National League for Democracy (Nld), partito di governo guidato dalla leader democratica Aung San Suu Kyi. In particolare, U Win Htein, membro di spicco della formazione politica, aveva manifestato alcuni dubbi poi confermati da un testimone durante il processo: Wa Lone (32 anni) e Kyaw Soe Oo (28) erano stati ingannati da alcuni agenti che, prima dell’arresto, avevano offerto loro “documenti segreti”. Nei telefoni dei due imputati, gli inquirenti dichiarano di aver rinvenuto anche i dettagli dell’itinerario e le informazioni relative alla sicurezza della visita apostolica di papa Francesco nel Paese (27-30 novembre 2017).

L’avvocato difensore Ko Than Zaw Aung definisce “deludente” il verdetto emesso dalla Corte. “Ciò dimostra la situazione critica che affligge la democrazia, la libertà di espressione e lo stato di diritto in Myanmar, Paese che si ritiene sulla via della democratizzazione”, afferma il legale. Aye Aye Win, ex corrispondente per l’Associated Press, ribadisce che “la condanna avrà un impatto molto negativo sulla dignità del governo”. “Sembra – dichiara la giornalista – che il governo non consideri [la libertà di stampa] come un elemento costruttore di democrazia”.

U Aung Hla Tun, viceministro dell’Informazione, si dichiara “dispiaciuto” per la sorte di Wa Lone e Kyaw Soe Oo e sottolinea che “per loro vi è ancora speranza”. Egli afferma: “Questa non è la fine. Secondo la legge, hanno ancora una possibilità: possono fare appello ai tribunali superiori. Prego per loro. Questo è tutto ciò che posso dire”. “Esistono leggi che limitano la libertà di stampa. Riconosco questo fatto – conclude il viceministro – Quelle leggi sono in vigore da anni, ma sono state riviste ora. D'altra parte, i giornalisti devono seguire l'etica. Questo è molto importante. E devono anche avere abilità professionali”.

Alcuni esperti puntano il dito anche contro il sistema giudiziario. “È paralizzato in modo grave”, sostiene U Sein Wn, direttore della formazione per il Myanmar Journalism Institute. Egli aggiunge: “Il messaggio lanciato dalla sentenza è: ‘Non dovete cercare la verità, la libertà di stampa non importa. Potete stare al sicuro solo facendo favori a chi comanda’. Per costruire un Paese, non si può ignorare la verità”. Ko Thalun Zaung Htet, membro eletto del Consiglio della Stampa del Myanmar, alza i toni dello scontro: “In Myanmar la democrazia è condannata e la Nld è diventata un partito autoritario. Presto, noi giornalisti scenderemo in piazza”.

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