27/11/2014, 00.00
CINA
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Xinjiang, a processo sette universitari: collaboravano con Ilham Tohti

Il gruppo era sparito nel nulla in gennaio. Le autorità li ritengono colpevoli di aver aiutato il docente uighuro a "fomentare il separatismo" tramite un sito internet. L'avvocato: "E' soltanto un luogo di dibattito fra le minoranze etniche della Cina". Ora rischiano dai cinque ai 15 anni di carcere.

Pechino (AsiaNews) - Le autorità della provincia nordoccidentale dello Xinjiang hanno rinviato a processo sette studenti universitari di etnia uighura perché "collegati" con Ilham Tohti. Il docente, anche lui uighuro, è stato condannato all'ergastolo nel settembre 2014 con l'accusa di separatismo. Tohti ha sempre rigettato questa sentenza, e nel comunicato finale letto davanti ai giudici ha ribadito il suo amore per la Cina e la sua convinzione che la questione etnica si potrà risolvere soltanto tramite il dialogo.  

Tohti è stato arrestato lo scorso gennaio, dopo aver criticato la politica di Pechino in seguito all'attentato di piazza Tiananmen, dell'ottobre 2013, attribuito ad alcuni uiguri. La risposta del governo a quell'attentato è stata l'incremento della repressione verso la regione dello Xinjiang. Da anni, Tohti, chiede al governo di aprire un vero dialogo con gli uiguri per comprendere le loro difficoltà e nel 2005 ha aperto su internet il sito  Uighur Online, per far incontrare uiguri e han (cinesi).  Secondo gli accusatori è proprio questo sito la prova del "separatismo" dell'accademico.

I giovani universitari arrestati sarebbero proprio "collaboratori" di questo sito. Li Fangping, avvocato di Tohti, conferma i fatti ma sottolinea che Uighur Online "promuove il dialogo e il confronto fra l'etnia musulmana e gli altri gruppi etnici cinesi". Gli studenti, spariti dopo essere stati presi in custodia lo scorso gennaio, ora rischiano dai cinque ai 15 anni di galera.

La provincia dello Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l'etnia uighura, circa 9 milioni di persone turcofone e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l'indipendenza da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han per cercare di renderli l'etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all'insegnamento della lingua e della cultura locale.

Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell'esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri nei quali quasi 200 persone persero la vita. In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino "esagera" la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura.

Negli ultimi mesi, tuttavia, si sono intensificati gli attacchi violenti che Pechino iscrive agli uighuri. Lo scorso 1 marzo 2014, un attacco contro la stazione ferroviaria di Kunming portato avanti da uomini armati di coltello ha provocato 29 morti e più di 150 feriti; il 28 ottobre 2013, l'esplosione di un suv in piazza Tiananmen ha fatto altre 3 vittime. Secondo il governo, dietro questi attacchi c'è l'etnia: dopo le indagini, sono iniziati i processi contro Tohti e i suoi studenti. 

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