27/09/2018, 16.04
BANGLADESH – ARABIA SAUDITA
Invia ad un amico

Torturate, violentate e senza soldi: donne migranti tornano dall’inferno dell’Arabia saudita

di Sumon Corraya

Negli ultimi tre anni circa 5mila lavoratrici sono tornate dal regno saudita. Tra il 1991 e il 2018, almeno 700mila donne hanno cercato impiego all’estero, di cui 250mila in Arabia. L’Ong Brac aiuta le donne fuggite a reinserirsi nella società.

Dhaka (AsiaNews) – Torturate, costrette a subire violenze sessuali e senza soldi. Sono le penose condizioni in cui migliaia di donne bengalesi andate in Arabia saudita in cerca di fortuna tornano nel Paese d’origine. I numeri sono altissimi: secondo Brac, una Ong che si occupa di recuperare e cura delle migranti che riescono a scappare dai luoghi di tortura, sono state 5mila negli ultimi tre anni.

Dati ufficiali riportano che almeno nove milioni di cittadini bangladeshi lavorano all’estero, in 160 Paesi in tutto il mondo. Quelli che hanno la fortuna di recarsi negli Stati Uniti o in Europa, conducono delle vite difficili ma dignitose. Coloro che vanno nei Paesi mediorientali spesso al loro arrivo trovano l’inferno, in particolare le migranti donne.

Tra di esse Fatama Akter, che a Barisal (Bangladesh centro-meridionale) aveva lasciato il marito malato e i figli. Ad AsiaNews racconta: “Sono andata in Arabia Saudita in cerca di fortuna, nonostante mio marito non fosse d’accordo. Ma lui è malato e volevo guadagnare qualche soldo per le cure mediche e per mandare i nostri figli a scuola”. La donna spiega che dopo tre mesi alle dipendenze di un padrone aggressivo, “non ce la facevo più. Mi sono ammalata ed egli mi negava le medicine. Inoltre il mio debito di lavoro era molto alto e se osavo parlare, lui mi picchiava”.

Fatama è riuscita a fuggire e ha fatto ritorno in Bangladesh. Come lei, altre che lavoravano come domestiche. Tutte riportano episodi di tortura fisica e psicologica e irregolarità nel pagamento degli stipendi.

Kobita Bagum, un’altra migrante, racconta: “Venivo stuprata regolarmente da tre uomini e se mi rifiutavo, subivo anche le loro percosse. Un giorno sono riuscita a fuggire e sono andata alla polizia. Così ce l’ho fatta a tornare in Bangladesh”. “Il governo – aggiunge – deve smetterla di mandare le lavoratrici in Arabia, perché quel Paese non è sicuro per le donne”.

L’Ong Brac ha calcolato che tra il 1991 e il 2018 circa 700mila donne si sono recate all’estero in cerca di un impiego; di queste quasi 250mila nel solo regno saudita. Nurul Islam, ministro del lavoro degli espatriati e dell’impiego dall’estero, la pensa in maniera diversa. “Le lavoratrici tornate dall’Arabia saudita – ha detto di recente – non l’hanno fatto perché sono state perseguitate, ma per problemi di cibo e lingua. Esse potrebbero richiedere l’assistenza legale dell’ambasciata quando sono all’estero, invece scelgono di scappare”.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Torturate e ridotte in schiavitù: la fuga delle domestiche dall’Arabia saudita
28/02/2019 10:59
Dhaka, donne abusate in Arabia saudita denunciano le torture
06/11/2019 11:34
Lavoratrici “schiave” in Arabia Saudita: Vogliamo tornare a casa, basta maltrattamenti
19/02/2016 11:28
Seoul: giro di vite contro i datori di lavoro scorretti
17/07/2019 10:37
Fabbrica giordana, stupri quotidiani su lavoratrici dello Sri Lanka
10/06/2011


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”