Taipei, il governo fa marcia indietro sugli accordi commerciali con la Cina
Taipei (AsiaNews) - Dopo 17 giorni di proteste, portate avanti dal movimento degli studenti, il governo di Taiwan ha approvato questa mattina un decreto legge che impone all'esecutivo di monitorare gli accordi economici e commerciali che vengono stipulati con la Cina continentale. Le misure proposte - che devono ora passare al vaglio del Parlamento - includono procedure per la consultazione popolare e un meccanismo per salvaguardare la sicurezza nazionale in caso di ogni futuro accordo con il Paese vicino.
A scatenare le proteste giovanili è stato il Patto commerciale (Cross-Strait Service Trade Agreement两岸服务贸易协议) che Taipei sta discutendo con Pechino. Questo patto è il proseguimento del patto di cooperazione economica (ECFA, Economic Cooperation Framework Agreement - 两岸经济合作架构协议) firmato nel 2010 con l'obiettivo di abbattere le barriere commerciali esistenti tra l'isola e la Cina continentale. Se il patto viene firmato, il continente aprirà 80 settori di servizi agli investimenti taiwanesi mentre Taipei permetterà l'accesso in 64 settori agli investimenti continentali.
Molti taiwanesi temono per la sorte delle piccole imprese, che potrebbero soccombere all'impatto prodotto dalla competitività commerciale delle imprese continentali, e per l'occupazione giovanile che verrebbe schiacciata dalla competizione della manodopera cinese. Il nuovo decreto impone al governo di negoziare patti con la Cina "su principi di uguaglianza, rispetto, benefici comuni e salvaguardia della sicurezza nazionale".
Lo stallo dei giorni scorsi e la revisione degli accordi sottolinea l'aumento dello scetticismo della popolazione taiwanese nei confronti di una maggiore integrazione economica e commerciale con la Cina continentale, uno degli obiettivi principali del governo nazionalista guidato da Ma Ying-jeou. Al momento, Pechino è il maggior partner commerciale di Taiwan.