27/04/2020, 11.22
COREA DEL SUD
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Seoul: riaprono le chiese. Contagi di coronavirus ai minimi

I fedeli devono rispettare il distanziamento sociale e indossare le mascherine. Prenotazioni online per partecipare alle funzioni. Rimane la preoccupazione per le riunioni nei grandi spazi al chiuso. Il 50% dei casi di contagio è collegato alla setta cristiana Shincheonji. Registrato il numero più basso di infetti dal 18 febbraio.

Seoul – (AsiaNews) – Le chiese in Corea del Sud hanno riaccolto ieri i loro fedeli, pur nel rispetto del distanziamento sociale e con l’obbligo per tutti di indossare le mascherine protettive. Il calo dei contagi ha permesso alle autorità di rimuovere alcune limitazioni alle riunioni pubbliche.

Nonostante l’allentamento delle misure restrittive, alcune chiese hanno deciso di mantenere in vigore regole più stringenti di quelle richieste dal governo. Ad esempio, l’Onnuri Community Church, una grande chiesa presbiteriana di Seoul, limita l’ingresso a sole 700 persone (ne può ospitare fino a 3mila), e solo attraverso una prenotazione online.

Le misure di distanziamento sociale sono estese al 5 maggio, ma la popolazione ha cominciato a riprendere la propria vita sociale ed economica. Il modello di risposta al coronavirus di Seoul è tra i più virtuosi al mondo: una forma di intervento più “democratica” rispetto a quella draconiana della Cina.

La velocità di azione è la chiave del successo sudcoreano, rafforzata dall’eccellenza del sistema sanitario. Il governo ha chiuso in modo rapido i confini con la Cina – dove la pandemia è scoppiata – introducendo rigide misure di quarantena per chi entra nel Paese. Le autorità sanitarie hanno poi avviato test diagnostici di massa per individuare i possibili infetti, e mappare tutti i loro contatti con altre persone.

Nel periodo del confinamento sociale, le comunità religiose hanno potuto celebrare le funzioni in streaming, offrendo anche “servizi drive-in”: sostegno spirituale nei parcheggi delle scuole mentre i fedeli rimanevano all’interno delle loro auto.

A febbraio, nei giorni più difficili della crisi, mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente della Commissione per gli affari sociali della Conferenza episcopale di Corea, invitava i fedeli alla preghiera, ma anche ad azioni concrete: “Bastano anche un Rosario ogni giorno, azioni di carità e penitenza”.

I grandi spazi al chiuso sono considerati ancora ad alto rischio dalle autorità. Non solo le chiese, ma anche i centri sportivi, che ora potranno essere frequentati rispettando i protocolli sanitari.

Tale preoccupazione deriva dall’esperienza della setta cristiana Shincheonji, il principale vettore dell’infezione nel Paese. Ai primi di marzo, il 56,1% dei casi di contagio riguardava suoi membri. Alcuni di loro avevano visitato Wuhan (Hubei), epicentro della pandemia, dopo il 23 gennaio, quando la città cinese era stata messa in isolamento. Ancora oggi, la metà dei 10728 infetti è collegata alla Shincheonji.

Ieri nel Paese si sono registrati 8 nuovi casi di contagio, il numero più basso dal 18 febbraio.

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