18/12/2013, 00.00
SINGAPORE
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Scontri a Singapore, il governo espelle 53 immigrati. Altri 28 a processo

Il provvedimento riguarda 52 cittadini indiani e un lavoratore originario del Bangladesh. Il ministro degli Interni assicura tolleranza zero contro quanti fomentano disordini. Altri 28 sono sottoposti a custodia cautelare e saranno processati; rischiano fino a sette anni e la fustigazione. Attivisti preoccupati per le “espulsioni arbitrarie”.

Singapore (AsiaNews/Agenzie) - Il governo di Singapore ha decretato l'ordine di espulsione per 53 lavoratori stranieri, implicati nelle rivolte divampate a inizio mese e che hanno causato il ferimento di circa 40 persone. Si è trattato della più grave protesta di piazza dal 1969 nella città-Stato, dove è raro assistere a manifestazione pubbliche di dissenso. Altri 28 immigrati devono rispondere di pesanti accuse per gli scontri a Little India, quartiere abitato a larga maggioranza da indiani Tamil, e a breve compariranno davanti ai giudici per il processo. Gli imputati rischiano fino a sette anni di carcere e la fustigazione.

A innescare la miccia del conflitto sociale, un incidente stradale avvenuto lo scorso 8 dicembre che ha causato la morte di un 33enne immigrato di nazionalità indiana. In risposta, oltre 400 lavoratori hanno incrociato le braccia e indetto una giornata di sciopero. Negli scontri fra dimostranti e polizia sono rimaste ferite 39 persone, fra cui diversi agenti; 25 veicoli hanno subito danni o sono stati incendiati. 

Il decreto di espulsione emesso dalle autorità riguarda 52 cittadini indiani e un lavoratore originario del Bangladesh. Teo Chee Hean, ministro degli Interni, sottolinea che "la dura decisione di incriminare ed espellere quanti hanno preso parte alla rivolta vuole mandare un segnale forte: non tolleriamo gesti che minaccino l'ordine o la sicurezza di Singapore, da qualsiasi parte essi provengano". Egli aggiunge che gli immigrati non hanno risposto all'ordine di disperdersi lanciato dalla polizia nelle concitate fasi della rivolta, causando "minacce all'ordine pubblico, e rendendo la loro presenza a Singapore indesiderata".

Altri 28 immigrati saranno processati nelle prossime settimane; al momento sono sottoposti al regime di custodia cautelare, in attesa della chiusura delle indagini da parte della magistratura. Infine, 200 persone che hanno avuto un ruolo minore nella vicenda sono state segnalate e hanno ricevuto una diffida da parte delle forze di polizia, ma non saranno espulse.

Attivisti pro-diritti umani e membri del gruppo Workfair Singapore, che lotta per un miglioramento della condizione dei lavoratori migranti, sottolineano che "l'espulsione arbitraria", senza alcun processo, è fonte di "gravissime preoccupazioni". Il dipartimento dell'immigrazione, aggiungono, non dovrebbe beneficiare di "poteri arbitrari" che consentono la revoca del passaporto, senza alcun diritto di appello e che la polizia possa incolpare qualcuno "senza un riscontro pratico".

All'indomani delle violenze, il Primo Ministro Lee Hsien Loong ha invitato i cittadini di Singapore a non lasciare che un "incidente isolato" offuschi l'immagine dei lavoratori migranti, verso i quali si erano già manifestati dissapori nel recente passato. Essi sono più di un milione in una città-Stato che necessità della manodopera straniera, anche a causa di un calo demografico vistoso negli ultimi decenni imposto da politiche di pianificazione familiare che si sono rivelate fallimentari.

Il premier ha ordinato la nascita di una speciale commissione di inchiesta, per far luce sulle cause che hanno portato alla rivolta. "Abbiamo bisogno degli immigrati - ha aggiunto - e dobbiamo capire come fare a gestirli meglio".

Più piccola di New York e priva di risorse naturali, la città-Stato ha registrato nel 2010 un Prodotto interno lordo (Pil) di 285 miliardi di dollari di Singapore (circa 231 miliardi di dollari Usa), con una crescita del 14,5%, il dato più significativo di tutta l'Asia. Tuttavia la ricchezza non è distribuita in modo eguale e il boom economico ha accentuato le disparità fra cittadini, con una crescita del coefficiente Gini - la misura della diseguaglianza di una distribuzione, ndr - che si attesta a 0,48 (nel 2000 era di 0,444) in un parametro di riferimento tra 0 e 1 (disuguaglianza completa). 

 

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