Procuratore Usa incrimina dirigente di Zoom per aver censurato conferenze su Tiananmen
Xinjiang Jin è accusato di aver bloccato almeno quattro incontri video su indicazione del governo cinese. La compagnia Usa prende le distanze e licenzia il proprio dipendente. L’artista Ai Weiwei racconta la repressione dei manifestanti democratici a Hong Kong. Il magnate pro-democrazia Jimmy Lai spostato in un carcere di massima sicurezza.
Hong Kong (AsiaNews) – Un procuratore distrettuale Usa ha incriminato ieri un dirigente della compagnia di comunicazioni web Zoom per aver cancellato l’account di alcune persone, e di aver fermato alcuni incontri on-line legati all’anniversario del massacro di Tiananmen.
Seth DuCharme ha dichiarato che Xinjiang Jin è accusato di aver bloccato almeno quattro incontri video in maggio e in giugno. Ai meeting online – uno gestito da Hong Kong e tre dagli Stati Uniti – partecipavano anche dissidenti e attivisti del movimento di Tiananmen. Il 4 giugno del 1989 migliaia di studenti cinesi furono massacrati per aver chiesto libertà e democrazia.
Secondo il procuratore del distretto di Brooklyn, Xinjiang Jin ha agito per conto del governo cinese, impedendo a utenti Usa della piattaforma online di esercitare il proprio diritto alla libertà di espressione. Inoltre egli avrebbe sabotato altre riunioni web di gruppi religiosi e politici che Pechino boicotta, e avrebbe fornito alle autorità del suo Paese i dati personali di un certo numero di fruitori di Zoom.
La direzione di Zoom ha detto di aver licenziato il proprio operativo in Cina per aver violato le politiche aziendali, e di aver messo in congedo altri dipendenti coinvolti nell’affare in attesa del completamento di un’indagine interna. In una dichiarazione resa pubblica l’11 giugno, essa aveva ammesso di aver compiuto atti di censura su richiesta del governo cinese. La compagnia si è attirata molte critiche per aver rivelato di studiare una tecnologia che possa cancellare o bloccare utenti specifici in base alla geografia, senza censurare un evento con utenti da tutto il resto del mondo.
Zoom è molto popolare in Cina, ma per rimanere nel Paese, deve sottostare alla censura voluta dal potere politico. Altri social che – almeno per ora – non si sottomettono alle regole cinesi, sono banditi. Fra questi vi è Facebook, ma anche Twitter, Whatsapp e Skype.
Le proteste pro-democrazia – e la loro soppressione – sono tabù in Cina. Ciò è raccontato nell’ultimo documentario di Ai Weiwei. “Cockroach” (Scarafaggi) è come la polizia di Hong Kong chiama i manifestanti che da oltre un anno chiedono il rispetto delle libertà democratiche garantite loro dopo il passaggio di sovranità dalla Gran Bretagna a Pechino nel 1997. Il filmato dell’artista e regista dissidente cinese dà voce ai cittadini dell’ex colonia britannica che temono la repressione e le intimidazioni delle autorità.
Le proteste del fronte democratico a Hong Kong hanno subito un duro colpo con l’imposizione in giugno della nuova legge sulla sicurezza voluta dalla leadership cinese. Jimmy Lai è finora la più nota vittima del draconiano provvedimento. Il magnate dell’editoria e attivista pro-democrazia sarà processato per “collusione” con forze straniere: rischia l’ergastolo. L’Apple Daily, il suo quotidiano, ha rivelato che stamane egli è stato spostato in un carcere di massima sicurezza, dove sono detenuti gangster e capi della malavita locale.
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