Phnom Penh: la polizia spara sugli operai del tessile in sciopero, tre vittime
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di polizia di Phnom Penh hanno aperto il fuoco contro centinaia di operai del comparto tessile, in piazza per chiedere l'aumento dei salari minimi e migliori condizioni di impiego, uccidendo almeno tre persone. Questa mattina i lavoratori hanno eretto barricate e difese improvvisate, bloccando una delle principali direttrici a sud della capitale; gli agenti hanno reagito, sparando sui manifestanti e ferendo diverse altre persone. Chan Sovet, attivista del gruppo civico Adhoc, racconta che le forze di sicurezza "hanno usato fucili e altre armi per reprimere le dimostrazioni", sino a quel momento pacifiche.
Choun Narin, capo della polizia di Phnom Penh, conferma l'arresto di alcuni dimostranti; un gruppo di lavoratori avrebbe scagliato bastoni, pietre e bombe carta contro gli agenti, nove dei quali avrebbero riportato alcune ferite. Fonti militari riferiscono che la polizia avrebbe reagito aprendo il fuoco sulla folla, dopo essere stata attaccata da alcuni manifestanti. Kheng Tito, portavoce dell'esercito, afferma che "eravamo preoccupati per la sicurezza, per questo siamo dovuti intervenire [...] Se avessimo permesso loro di continuare, avrebbe regnato l'anarchia".
Ieri un commando militare è intervenuto per sedare la protesta di un gruppo di lavoratori in sciopero alla periferia della capitale, arrestando una quindicina di persone fra le quali cinque monaci buddisti. Testimoni riferiscono di un'azione di forza senza precedenti; nelle concitate fasi del fermo, le forze di sicurezza hanno malmenato lavoratori e leader religiosi. L'impiego da parte del governo dell'unità 911 (un reparto speciale), racconta un attivista pro diritti umani, è "senza precedenti e rivela la volontà delle autorità di reprimere quelle che, sino a oggi, si sono dimostrate proteste pacifiche".
I cinque monaci buddisti sono stati rilasciati nel tardo pomeriggio di ieri, dopo che i manifestanti hanno bloccato una delle principali autostrade che collegano la capitale, invocando a gran voce la loro liberazione.
Nelle scorse settimane decine di migliaia di operai, guidati dai due principali sindacati del Paese, hanno bloccato le vie di accesso al ministero del Lavoro, annunciando nuove dimostrazioni se le loro richieste non verranno accolte. Sindacati di categoria, lavoratori, opposizione premono per un raddoppio del salario minimo: dagli attuali 80 dollari al mese, a 160. Tuttavia, sinora sono riusciti a ottenere un aumento di 15 dollari mensili (il governo ha offerto un massimo di 100), che verrà applicato a partire dal mese di aprile 2014.
Nel timore di nuove violenze, l'Associazione imprenditori del tessile ha invitato le aziende a fermare le macchine mentre sindacati e governo hanno annunciato una serie di incontri, in programma nel tardo pomeriggio di oggi, nel tentativo di arginare la protesta. Gli scioperi minacciano di paralizzare l'industria manifatturiera del Paese, fra le più fiorenti e vitali della Cambogia con 650mila occupati e un volume di affari multi-miliardario, legato alla produzione di capi di abbigliamento per le grandi marche occidentali.