Persecuzione economica: l'Associazione Patriottica all'assalto delle proprietà della Chiesa
Roma (AsiaNews) In Cina, contro la religione non c'è solo la persecuzione ideologica dell'ateismo. Ve n'è anche una economica: molte proprietà della Chiesa cattolica subiscono confische, vendite e abusi da parte dell'Ufficio affari religiosi e dell'Associazione Patriottica. Sotto il manto del controllo comunista, i dirigenti locali intascano i proventi per affari che coinvolgono beni del valore di 130 miliardi di yuan (circa 13 miliardi di euro). La Chiesa riceve solo qualche briciola, ma vorrebbe rientrare in possesso dei suoi beni, da utilizzare per la sua missione a favore dei poveri della Cina. Il governo ha già varato leggi per il ritorno delle proprietà confiscate, ma i dirigenti locali fanno orecchio da mercante e utilizzano metodi mafiosi e violenti per colpire chi osa chiedere giustizia. Tutti ricordano le 16 suore francescane di Xian, bastonate a sangue da 40 "teppisti", per difendere una scuola di loro proprietà che il governo locale aveva venduto a un imprenditore edilizio. Stesso destino è accaduto a sacerdoti e laici di Taiyuan che difendevano una proprietà della loro Chiesa a Tianjin, sequestrata dall'Ufficio per gli affari religiosi. Anche i protestanti subiscono gli stessi soprusi e violenze: alcune settimane fa mille poliziotti hanno distrutto una chiesa nel Zhejiang perché l'area era destinata a "sviluppi edilizi e commerciali".
Per comprendere di più, AsiaNews ha intervistato il dott. Anthony Lam, esperto dell'Holy Spirit Study Centre della diocesi di Hong Kong, a Roma per studi. Il dott. Lam è autore di un articolo sul tema, dal titolo: "A Review of Catholic Real Estate Issues in China" (Tripod, n. 140, Spring 2006, pp. 43- 57).
Dott. Lam, dalla Cina ci giungono sempre più notizie su un nuovo problema e conflitto fra la Chiesa e lo stato: la questione delle proprietà della Chiesa
Questo problema delle proprietà della Chiesa è davvero grande e ha bisogno di un intervento urgente del governo per trovare una soluzione insieme alla Chiesa. Di per sé, almeno in teoria, il governo ha già risolto il problema fin dagli anni '80, con un documento che esige il ritorno ai legittimi proprietari degli edifici confiscati prima e durante la Rivoluzione Culturale. Ma come avviene sempre in Cina, una cosa sono le decisioni del governo centrale, una cosa le scelte dei governi locali.
In Cina la legge generale è spesso violata dai membri del Partito: molte persone con incarichi ufficiali cercano di approfittare del loro potere per vantaggi personali. Dagli anni '80 in poi l'Ufficio Affari religiosi e l'Associazione patriottica hanno approfittato della loro posizione per vendere le proprietà della Chiesa ad altre persone, a privati, a imprese edilizie. Da tutti questi passaggi di proprietà, la Chiesa non ha mai ricevuto neppure un quattrino. Dal punto di vista legale la situazione è ormai complicata. Terreni o edifici sono rivendicati nello stesso tempo da diversi proprietari: uno è la Chiesa, che può dimostrare di aver posseduto quelle proprietà per decenni; l'altro è il nuovo proprietario.
Di che entità è questo problema?
Piuttosto consistente. In passato la Chiesa aveva comprato terreni per estendere le sue attività, o ha investito nelle grandi città in zone che adesso si rivelano molto centrali e piene di valore. Tali investimenti a Pechino, Shanghai, Tianjin, Canton, Wuhan, Chengdu e Xian, servivano a sostenere la missione della Chiesa all'interno, nelle campagne o le sue opere sociali: l'asilo, la scuola, l'orfanotrofio, il dispensario, l'ospedale .. Attualmente la Chiesa non gestisce nulla di tutto questo. È l'Ufficio affari religiosi che gestisce queste proprietà a nome della Chiesa. Il denaro guadagnato da queste operazioni è incamerato dai leader dell'Ufficio o dell'AP. Solo una minima parte viene consegnata alla Chiesa. Una diocesi dell'Henan, ad esempio, ha un edificio a Tianjin. L'Uar ha affittato queste proprietà per 4 milioni di yuan (400 mila euro) all'anno. Alla Chiesa però vanno solo 40 mila yuan (4 mila euro)! Secondo delle mie stime, il giro di affari legato alle proprietà ecclesiastiche si aggira sui 130 miliardi di yuan (pari a 13 miliardi di euro): una cifra immensa. Ma è possibile che la cifra sia anche superiore, via via che si scoprono vecchi documenti di proprietà negli archivi salvati dalla distruzione.
Il governo di Pechino è implicato?
In generale, il governo centrale non ha ricevuto alcun beneficio da questo commercio. Forse solo a Pechino il governo ha "guadagnato" dalle proprietà della Chiesa. Ad esempio, una volta le proprietà della parrocchia della Beitang (la Chiesa di san Salvatore, in origine la cattedrale di Pechino), si estendevano fino alle mura del Palazzo imperiale. Il governo ha poi requisito parti di tali proprietà per uso pubblico: strade, edifici, ecc. Ma nel resto dei casi il governo centrale è estraneo.
Come risolvere questo conflitto?
A tutt'oggi la Chiesa ha ancora degli obblighi sociali: asili, dispensari, scuole di campagna per i poveri, che il governo non finanzia. É urgente trovare una soluzione su queste proprietà della Chiesa, perché esse potrebbero servire ancora a sostenere l'impegno sociale e caritativo dei cattolici.
D'altra parte, per l'Uar è ingiusto intascare tutti i soldi che derivano dal commercio sulle proprietà della Chiesa; per la Chiesa è invece un diritto sacrosanto poterne usufruire.
Penso che la soluzione vada trovata insieme. Il governo e la Chiesa dovrebbero formare un comitato e lavorare insieme per far emergere delle piste chiare da seguire.
Vi sono passi del governo per risolvere questo problema?
Mi sembra di sì. Perfino i Nuovi Regolamenti sulle attività religiose, varati nel marzo 2005, prevedono il diritto delle chiese di avere delle proprietà. Ma non dicono come giungere a far valere i diritti di proprietà violati in questi decenni. Un problema nel problema sono le antiche proprietà degli istituti missionari e internazionali in Cina. Il governo può temere le rivendicazioni da parte di organizzazioni straniere. Forse è meglio che gli istituti missionari si mettano d'accordo e passino le proprietà ai legittimi leader delle chiese dove i missionari operavano in passato.
Questo problema influisce sul dialogo Cina-Vaticano?
Per ora questo problema non appare nel dialogo fra Pechino e Santa Sede. A meno che non lo metta in luce il Vaticano, la Cina non oserà portarlo all'attenzione.
Qual è l'atteggiamento dell'AP riguardo a questo problema?
Essi sanno che devono mettere giù le mani da queste proprietà. E anche in un futura normalizzazione dei rapporti col Vaticano, sanno che devono allontanarsi dal controllo sulla Chiesa. Per questo ora essi cercano di approfittare il più possibile della situazione, incamerando beni e vendendoli.
A tutt'oggi l'AP ha un potere di controllo sulle Chiesa che è ideologico ed economico. Ad ogni modo è importante per il governo conoscere il problema e trovare con urgenza una soluzione domandandosi cosa è meglio per la società cinese: una Chiesa con le sue proprietà impegnata a costruire il bene di tutti e soprattutto dei più poveri; o delle associazioni che badano solo al loro interesse economico e creano tensioni sociali.
05/07/2005