Papa: la pandemia non faccia dimenticare chi fugge dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli
Nel messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato Francesco scrive che essi rappresentano una “sfida pastorale”, in quanto “bisogna conoscere per comprendere”, “è necessario farsi prossimo per servire”, “per riconciliarsi bisogna ascoltare”, “Per crescere è necessario condividere”, “bisogna coinvolgere per promuovere” ed “è necessario collaborare per costruire”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia non ci faccia dimenticare coloro che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. Sono persone, aveva scritto papa Francesco nel messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato del 2018 da “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Esse, aggiunge nel messaggio per la Giornata di quest’anno – che sarà celebrata il 27 settembre prossimo - rappresentano una “sfida pastorale”, in quanto “bisogna conoscere per comprendere”, “è necessario farsi prossimo per servire”, “per riconciliarsi bisogna ascoltare”, “Per crescere è necessario condividere”, “bisogna coinvolgere per promuovere” ed “è necessario collaborare per costruire”.
Intitolato “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”, il documento reso noto oggi è dedicato “al dramma degli sfollati interni, un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia COVID-19 ha esasperato”. “In ciascuno di loro è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi. Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella (cfr Mt 25,31-46). Se lo riconosciamo, saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire”.
“Si tratta di una sfida pastorale alla quale siamo chiamati a rispondere con i quattro verbi che ho indicato nel Messaggio per questa stessa Giornata nel 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ad essi vorrei ora aggiungere sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa effetto”.
“Bisogna conoscere per comprendere. La conoscenza è un passo necessario verso la comprensione dell’altro”. “Quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”.
“È necessario farsi prossimo per servire. Sembra scontato, ma spesso non lo è”. “Le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di ‘farci prossimi’ a loro e di servirli con amore. Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi. Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli: si è spogliato, si è inginocchiato e si è sporcato le mani (cfr Gv 13,1-15)”.
“Per riconciliarsi bisogna ascoltare. Ce lo insegna Dio stesso, che, inviando il suo Figlio nel mondo, ha voluto ascoltare il gemito dell’umanità con orecchi umani”. “Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare. Ma è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero. Durante il 2020, per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia”.
“Per crescere è necessario condividere”. “Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore! Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo”.
“Bisogna coinvolgere per promuovere. Così infatti ha fatto Gesù con la donna samaritana (cfr Gv 4,1-30). Il Signore si avvicina, la ascolta, parla al suo cuore, per poi guidarla alla verità e trasformarla in annunciatrice della buona novella: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» (v. 29). A volte, lo slancio di servire gli altri ci impedisce di vedere le loro ricchezze. Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto. La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi”.
“È necessario collaborare per costruire”. “Costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni. E nel contesto attuale va ribadito: «Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone» (Messaggio Urbi et Orbi, 12 aprile 2020). Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”. (FP)
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