Papa: Inizia la Settimana Santa. Domandiamoci chi è per noi Gesù di Nazaret
Città del Vaticano (AsiaNews) - "Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio? È una questione cruciale, questa, che non possiamo eludere, tanto più che proprio in questa settimana siamo chiamati a seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce; siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio. Dobbiamo allora chiederci: quali sono le nostre vere attese? quali i desideri più profondi, con cui siamo venuti qui oggi a celebrare la Domenica delle Palme e ad iniziare la Settimana Santa?": questa domanda è il cuore dell'omelia che Benedetto XVI ha proclamato oggi in pazza san Pietro, nella celebrazione della Domenica delle Palme, che ricorda l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, giorni prima di essere condannato, crocifisso e risorto.
La festa coincide anche con la celebrazione della 27ma Giornata mondiale della Gioventù, che quest'anno ha come tema "Siate sempre lieti nel Signore" (Filippesi 4,4). Per questo, fra gli oltre 30 mila fedeli vi sono molti giovani di Roma e di altre diocesi.
"La Domenica delle Palme - spiega il papa - è il grande portale che ci introduce nella Settimana Santa, la settimana nella quale il Signore Gesù si avvia verso il culmine della sua vicenda terrena. Egli sale a Gerusalemme per portare a compimento le Scritture e per essere appeso sul legno della croce, il trono da cui regnerà per sempre, attirando a sé l'umanità di ogni tempo e offrendo a tutti il dono della redenzione".
Ritornando all'acclamazione con cui i giovani ebrei hanno accolto Gesù ("Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!» (Ps 118, vv. 9-10), Benedetto XVI afferma: "Questa acclamazione festosa, trasmessa da tutti e quattro gli Evangelisti, è un grido di benedizione, un inno di esultanza: esprime l'unanime convinzione che, in Gesù, Dio ha visitato il suo popolo e che il Messia desiderato finalmente è giunto. E tutti sono lì, con la crescente attesa per l'opera che il Cristo compirà una volta entrato nella sua città. Ma qual è il contenuto, la risonanza più profonda di questo grido di giubilo?".
"Colui che è acclamato dalla folla come il benedetto - spiega - è, nello stesso tempo, Colui nel quale sarà benedetta l'umanità intera. Così, nella luce del Cristo, l'umanità si riconosce profondamente unita e come avvolta dal manto della benedizione divina, una benedizione che tutto permea, tutto sostiene, tutto redime, tutto santifica. Possiamo scoprire qui un primo grande messaggio che giunge a noi dalla festività di oggi: l'invito ad assumere il giusto sguardo sull'umanità intera, sulle genti che formano il mondo, sulle sue varie culture e civiltà. Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità".
"In questo sguardo - continua - traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani. Leggiamo nel Libro della Sapienza: «Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; ... Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita» (Sap 11,23-24.26).
Benedetto XVI propone un'altra domanda, ancora più radicale: "Che cosa c'è realmente nel cuore di quanti acclamano Cristo come Re d'Israele? Certamente avevano una loro idea del Messia, un'idea di come dovesse agire il Re promesso dai profeti e a lungo aspettato. Non è un caso che, pochi giorni dopo, la folla di Gerusalemme, invece di acclamare Gesù, griderà a Pilato: «Crocifiggilo»! E gli stessi discepoli, come pure altri che lo avevano visto e ascoltato, rimarranno ammutoliti e smarriti. La maggior parte, infatti, era rimasta delusa dal modo in cui Gesù aveva deciso di presentarsi come Messia e Re di Israele".
"Proprio qui sta il nodo della festa di oggi, anche per noi. Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio? È una questione cruciale, questa, che non possiamo eludere, tanto più che proprio in questa settimana siamo chiamati a seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce; siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio. Dobbiamo allora chiederci: quali sono le nostre vere attese? quali i desideri più profondi, con cui siamo venuti qui oggi a celebrare la Domenica delle Palme e ad iniziare la Settimana Santa?".
Poi il pontefice si rivolge ai giovani presenti: "Cari giovani... La Domenica delle Palme sia per voi il giorno della decisione, la decisione di accogliere il Signore e di seguirlo fino in fondo, la decisione di fare della sua Pasqua di morte e risurrezione il senso stesso della vostra vita di cristiani. E' la decisione che porta alla vera gioia, come ho voluto ricordare nel Messaggio ai Giovani per questa Giornata - «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4) -, e come avvenne per santa Chiara di Assisi, che, ottocento anni or sono, trascinata dall'esempio di san Francesco e dei suoi primi compagni, proprio nella Domenica delle Palme, lasciò la casa paterna per consacrarsi totalmente al Signore: aveva diciotto anni ed ebbe il coraggio della fede e dell'amore, di decidersi per Cristo, trovando in Lui la gioia e la pace".
Proprio oggi Benedetto XVI ha inviato una Lettera a mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, per l'Anno Clariano, indetto in tutta la diocesi e fra tutte le comunità francescane in ricordo di Santa Chiara, in occasione dell'VIII centenario della sua conversione e consacrazione.
Rivolgendosi poi a tutti i fedeli, il papa li esorta a vivere in questa Settimana Santa due sentimenti: " la lode, come hanno fatto coloro che hanno accolto Gesù a Gerusalemme con i loro «osanna»; ed il ringraziamento, perché in questa Settimana Santa il Signore Gesù rinnoverà il dono più grande che si possa immaginare: ci donerà la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, il suo amore".
"Ma a un dono così grande - aggiunge - dobbiamo rispondere in modo adeguato, ossia con il dono di noi stessi, del nostro tempo, della nostra preghiera, del nostro stare in comunione profonda d'amore con Cristo che soffre, muore e risorge per noi" E fa suo l'invito di un Padre della Chiesa, sant'Andrea, Vescovo di Creta: "Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso ... e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese ... per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria".
Alla fine della celebrazione, prima della preghiera dell'Angelus, Benedetto XVI ha salutato i presenti e soprattutto i giovani. Un "saluto speciale" l'ha dedicato "al Comitato organizzatore della scorsa GMG di Madrid e a quello che sta organizzando la prossima, di Rio de Janeiro" nel 2013, come pure "ai delegati all'Incontro Internazionale sulle Giornate Mondiali della Gioventù, promosso dal Pontificio Consiglio per il Laici, qui rappresentato dal Presidente, card. Riłko, e dal Segretario, Mons. Clemens".