Pakistan, cattolici e musulmani in digiuno e preghiera per Sawan Masih e Asia Bibi
Lahore (AsiaNews) - La Chiesa cattolica pakistana ha celebrato un mercoledì di digiuno e preghiera per Sawan Masih e Asia Bibi, due vittime delle controverse leggi sulla blasfemia nel Paese asiatico, condannate a morte e in attesa del processo di appello. All'iniziativa "a favore dei cristiani perseguitati" si sono unite anche diverse organizzazioni della società civile e semplici fedeli; oggi attivisti e leader religiosi hanno promosso diverse manifestazioni di piazza, di natura pacifica, a Lahore e Islamabad "in segno di vicinanza e solidarietà".
Asia Bibi, dal novembre 2010 nel braccio della morte, sottoposta a regime di isolamento in carcere per motivi di sicurezza, è ormai da tempo un simbolo della lotta contro la "legge nera". Dopo molti rinvii e temporeggiamenti, il prossimo 14 aprile si dovrebbe celebrare la prima udienza del processo di secondo grado.
Il 26enne cristiano Sawan Masih, originario di Lahore, è stato invece condannato nei giorni scorsi in primo grado, dietro false accuse che in realtà celano dissapori personali con la persona che lo ha denunciato. La sua vicenda aveva dato origine a un attacco mirato contro la minoranza residente nella Joseph Colony di Lahore, con centinaia di case e due chiese date alle fiamme dagli estremisti islamici. In questo caso il processo di appello è previsto per il 25 luglio 2014, presso l'Alta corte di Lahore.
Interpellato da AsiaNews p. Asher Arshad, dell'arcidiocesi di Lahore, sottolinea "l'incoraggiante risposta" ricevuta in questi giorni dalla società civile all'invito al digiuno e alla preghiera "per Asia Bibi e Sawan Masih, due perseguitati a causa della loro fede". Aqeel Mehadi, attivista pro diritti umani di Lahore, aggiunge: "Ci uniamo ai nostri fratelli cristiani in segno di solidarietà, mentre pregano e digiunano" per le due vittime. "In quanto musulmano - continua - sono disgustato per quanto è successo e quanto continua a accadere". Egli ricorda le parole del fondatore del Pakistan moderno, Ali Jinnah, che ha sempre rivendicato nei suoi discorsi il principio della libertà religiosa e immaginato un Paese multiculturale e liberale, in cui "ogni cittadino possa professare la propria religione e non sia incarcerato a causa della sua fede".
P. Barkat John, sacerdote e attivista a Lahore, spiega che è "triste" osservare "ciò che è diventato il nostro Pakistan", dove un "manipolo di fanatici" hanno promosso "l'intolleranza e aperto la via alla violenza interconfessionale. Il risultato sono gli attacchi mirati alle comunità cristiane di Shanti Nagar, Gojra e alla Joseph Colony. Per questo preghiamo e digiuniamo per i perseguitati in Pakistan". All'iniziativa si è unita anche la Masihi Foundation and Life for All Pakistan, secondo cui le leggi sulla blasfemia sono tuttora un "elemento sensibile" per il Paese, sfruttate per "dirimere controversie personali e perpetrare vendette". "Protestiamo in modo pacifico, concludono gli attivisti, contro la sentenza a carico di Masih e chiediamo giustizia per Asia Bibi".
07/04/2014