Nepal, povertà e disoccupazione spingono migliaia di persone al suicidio
Kathmandu (AsiaNews) - Aumentano del 31% i casi di suicidi e omicidi legati alla povertà. Lo rivela un rapporto della polizia nepalese che imputa il drammatico dato alla crisi economica e politica vissuta dal Paese nell'ultimo anno. Con un indice di disoccupazione al 46% e un reddito medio pro-capite di 1.300 dollari Usa all'anno, il Nepal è uno degli Stati più poveri del mondo. Secondo dati della Banca mondiale, circa il 55% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
A causa dell'instabilità politica e dell'alto tasso di corruzione, tale situazione peggiora di anno in anno. Per molte persone l'unica scelta è quella della migrazione e a tutt'oggi sono oltre 7 milioni i nepalesi che lavorano all'estero. Il bilancio statale dipende per circa il 40% dalle rimesse dei migranti. Tuttavia, chi non riesce a trovare lavoro in patria ne all'estero, sceglie sempre di più la drammatica strada del suicidio. I casi registrati dalle autorità sono circa 4mila all'anno, con una media di 11 morti al giorno. Il fenomeno è in costante crescita e colpisce i giovani fra i 14 e i 30 anni, soprattutto le ragazze madri.
In questi giorni, la popolazione è stata scioccata dal caso di Ramia Chaudhari, giovane donna di 25 anni che non potendo pagare la retta scolastica dei suoi due bambini ha optato per uccidere se stessa e i propri figli. La famiglia viveva ad Amab (distretto di Bara), villaggio gestito secondo il principio dei comitati di sviluppo. Secondo la polizia lo stipendio del marito non era sufficiente e la donna stava cercando lavoro da diversi mesi, ma senza successo. Rita Chaudhary, vicina di casa, racconta che Ramia aveva paura che i suoi figli restassero senza cibo, così aveva deciso di non iscrivere il suo primogenito a scuola, per risparmiare gli 1,3 dollari mensili della retta. La sua disperazione è aumentata quando il consiglio delle donne del villaggio ha chiesto a tutte le famiglie di provvedere all'educazione scolastica dei figli. Non potendo pagare, la donna ha commesso il gesto estremo.
Casi analoghi sono avvenuti negli anni passati. Nel febbraio 2010 un'intera famiglia di Rukum si è suicidata, perché i genitori non potevano pagare le cure mediche della figlia 27enne malata di epilessia. In luglio, una madre di Rautahat oberata dei debiti ha convinto i suoi tre figli di 5,9 e 11 anni a gettarsi da un ponte insieme a lei.
Lo scopo dei comitati per lo sviluppo dei villaggio è quello di organizzare la popolazione secondo una partnership tra la comunità e il settore pubblico, per migliorare l'erogazione dei servizi ed evitare casi di corruzione. Ciascun abitato è diviso in vari consigli locali ed è guidato da un capo villaggio eletto con almeno l'80% dei voti. Nei villaggi più piccoli tutta la popolazione partecipa alla gestione dei servizi che riguardano in modo particolare approvvigionamento idrico, sanità di base, servizi igienici. I consigli locali hanno anche il compito di controllare e registrare i progressi economici del villaggio.