Nei campi profughi Kachin la disperazione degli sfollati: ‘Non vogliamo restare qui’
La guerra civile nello Stato settentrionale è entrata nel suo settimo anno. Il numero degli sfollati interni (IDPs) ha superato le 150mila unità. Alcuni di loro raccontano la fuga dalle loro case e la vita nelle strutture di accoglienza.
Yangon (AsiaNews) – La guerra civile nello Stato settentrionale di Kachin è entrata nel suo settimo anno, da quando il 9 giugno del 2011 Tatmadaw [l’esercito birmano e ribelli del Kachin Independence Army (Kia) hanno interrotto un cessate il fuoco durato 17 anni. Da allora, il numero degli sfollati interni (IDPs) ha superato le 150mila unità. Tra questi, 130mila persone vivono in condizioni drammatiche nei 165 campi costruiti nel Kachin e nel nord dello Stato etnico confinante, lo Shan; 20mila sono invece ospitate in comunità di accoglienza. Solo nei primi sei mesi del 2018, i nuovi IDPs sono oltre 6mila. Proponiamo di seguito alcune delle testimonianze, raccolte dai funzionari del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhrc) in alcune delle strutture.
U Hka Ro Yaw e sua moglie (foto 2) si trovano ora in un rifugio temporaneo nel villaggio di Naung Nan (Myitkyina). U Hka Ro Yaw è stato insegnante di scuola per circa 50 anni. A fine aprile, scontri armati sono scoppiati nei pressi della sua casa di Injangyang. La coppia di anziani ha raggiunto la capitale dello Stato Kachin grazie ai figli, che li hanno trasportati sulle loro spalle. Una delle figlie racconta che la famiglia ha dovuto nascondersi nella foresta per due settimane, prima di poter partire. “Quando sentivamo gli spari ed il rumore dei caccia, prendevamo entrambi i nostri genitori sulle spalle e ci dirigevamo verso la foresta. Tornavamo a casa la sera”, dichiara. La famiglia ha poi deciso di lasciare Injangynag, a causa dei pesanti bombardamenti aerei nell'area. “Le persone anziane come i miei genitori hanno bisogno di assistenza sanitaria e alimentare. Mio padre ha perso l'appetito da quando è arrivato qui”. U Hka Ro Yaw vuole tornare a casa sua: “Non voglio restare qui. Voglio tornare al mio villaggio, che si trova in una zona montuosa. Tornerò a casa quando i combattimenti si saranno fermati”, afferma l’anziano.
La 92enne Daw Bauk Nam (foto 1) e sua figlia sono fuggite dallo Stato Shan nel 2016. Da allora, sono rifugiate in un campo per sfollati a Muse. Daw Bauk Nam ha detto che le condizioni di vita nel campo sono difficili per gli anziani. “Nel campo vi è una clinica che fornisce assistenza sanitaria di base. Le persone anziane spesso si ammalano e hanno bisogno di andare in clinica per ricevere cure o farmaci. Se il caso è grave, il personale medico trasferisce il paziente all'ospedale in città e in questa situazione la gente ha bisogno di ulteriore sostegno, incluso il trasporto”.
Ma Nang Mai Awng (foto 3) non è sicura di quando sarà in grado di tornare a scuola. Erano in corso le vacanze scolastiche, quando la quindicenne e la sua famiglia hanno dovuto lasciare il villaggio. Anche loro al momento hanno trovato rifugio in un campo di Myitkyina. Ma Nang Mai è al terzo anno di scuola superiore e vorrebbe diventare un'insegnante, per aiutare i bambini bisognosi. “Ero terrorizzata quando siamo scappati dal villaggio – afferma la ragazza – Non mi piace stare qui, ci sono troppe persone e nessuna privacy per cambiarsi i vestiti o fare la doccia. Tutti possono vedermi, anche quando dormo. Penso che potrei iscrivermi alla scuola qui e dovrò comprare tutto il materiale scolastico e le divise. Sono preoccupata per la mia educazione e il mio futuro”.