Mosul, volontari cristiani offrono aiuti a profughi musulmani
Il progetto è intitolato “Costruiamo ponti di pace e demoliamo i muri di odio” e rientra fra le iniziative in programma per Natale. Il gruppo ha portato vestiti e generi di prima necessità agli ospiti del campo di Khazir, alle porte di Mosul. Sacerdote caldeo: gesti di solidarietà che rappresentano una “luce” di convivenza in fondo al “tunnel” di odio e fondamentalismo.
Mosul (AsiaNews) - In vista di un Natale che “bussa ormai alle porte”, un gruppo di giovani cristiani di Baghdeda (Qaraqosh), nel governatorato di Ninive (nel nord dell’Iraq), ha promosso l’iniziativa “Costruiamo ponti di pace e demoliamo i muri di odio”. Per l’occasione, i volontari hanno raccolto abiti e beni di prima necessità per gli adulti, giocattoli per i bambini, da distribuire agli ospiti del campo profughi di Khazir, nei pressi di Mosul, che accoglie ancora oggi le famiglie sfollate in seguito all’ascesa dello Stato islamico.
Questo progetto, insieme da altri portati avanti da giovani musulmani come la pulizia delle chiese da parte dei volontari di Sawaed al-Museliya, sono una conferma del rinnovato clima di collaborazione e fiducia fra giovani appartenenti a religioni diverse. Uno spirito nuovo in quella che è stata a lungo la roccaforte dell’Isis e la “capitale” del Califfato, e proprio da qui può partire “la rinascita” non solo della metropoli, ma di tutto l’Iraq dove, anche in questi giorni, si levano voci secondo le quali i cristiani vorrebbero partire.
“L’iniziativa di Natale”, come l’hanno ribattezzata i cristiani, intende portare conforto in occasione della festività agli ospiti del campo di Khazir, nel distretto di Hamdaniya, istituito in concomitanza con l’avvio delle operazioni per la liberazione del governatorato di Ninive. Esso ospita oltre 6mila famiglie provenienti dai distretti di Ba’aj e Rabia, e dal sotto-distretto di Zammar a Mosul, in maggioranza musulmane.
Un passo importante nella direzione della convivenza fra le diverse realtà che abitano il nord dell’Iraq e che è stato rilanciato in rete e sui social network, con ripetuti appelli alla donazione cui hanno risposto in molti, anche con piccoli e semplici contributi. Un gesto che è anche espressione di solidarietà verso gli sfollati, dopo la recente decisione del ministro irakeno per l’Immigrazione di chiudere diversi campi profughi, mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa di decine di migliaia di nuclei familiari che vivono in condizioni di estrema necessità e bisogno.
L’iniziativa è partita 10 giorni fa e ha ricevuto ampio sostegno da diverse comunità della piana di Ninive e di Ankawa, il distretto cristiano di Erbil, nel Kurdistan irakeno, che hanno fornito il loro contributo volontario. Interpellato da AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana di Karamles, spiega che “questa è una delle molte iniziative messe in campo dai cristiani, soprattutto i giovani, in un’ottica di convivenza”. Esempi come questo, aggiunge, “sono di grande aiuto e mostrano che vi è una luce in fondo al tunnel”, dopo anni di violenze estremiste e di attacchi confessionali che hanno segnato nel profondo la società irakena. “Ora bisogna dare forza e trasformare questa luce in fuoco, che viene diffuso in sempre più strati della società per garantire un futuro ai cristiani nella regione” davanti al pericolo ancora attuale di un esodo massiccio.
“Conosco personalmente Jameel al-Jameel, uno dei promotori dell’iniziativa di solidarietà al campo profughi, abitato solo da musulmani” prosegue il sacerdote caldeo. “Egli è un giovane molto attivo, scrive poesie, lavora con impegno per costruire ponti, per rafforzare la convivenza e ha saputo costruire nel tempo molti buoni rapporti, anche con gli stessi musulmani. Anche da queste persone impegnate nel sociale, che vogliono far sentire forte la voce del popolo, a maggior ragione se si tratta di giovani e di fede diversa - conclude - si può e si deve partire per il futuro del Paese”.