Mongolia interna: arrestata una giornalista del Los Angeles Times
Secondo il quotidiano Usa, la cronista è stata maltrattata prima di essere espulsa dalla regione. Ella stava indagando sulle recenti proteste per la riduzione dell’uso della lingua mongola nelle scuole locali. Giornalisti stranieri sempre più nel mirino del regime di Pechino. Analisti: È una risposta alle limitazioni imposte da Washington ai media cinesi.
Pechino (AsiaNews) – Una giornalista del Los Angeles Times è stata arrestata e poi espulsa dalla Mongolia interna mentre seguiva le proteste che stanno scuotendo la regione settentrionale cinese. Il quotidiano statunitense ne ha dato notizia ieri sul suo sito web. La donna è stata fermata nei pressi di una scuola di Hohhot. Ella stava raccogliendo informazioni sul boicottaggio delle lezioni avvenuto negli ultimi giorni: gli studenti di origine mongola si sono rivoltati contro le autorità, che hanno deciso di ridurre l’uso della loro lingua natia nei programmi scolastici.
Secondo il resoconto della testata Usa, prima dell’espulsione la reporter – di cui non viene rivelata l’identità – è stata interrogata nella locale stazione di polizia, “presa per la gola” e spinta in cella, dove vi è rimasta per più di quattro ore. I poliziotti non le hanno permesso nemmeno di contattare l’ambasciata Usa.
I giornalisti stranieri, o che lavorano per pubblicazioni di altri Paesi, sembrano essere finiti nel mirino di Pechino. Il 14 agosto, le Forze dell’ordine hanno arrestato Cheng Lei, una giornalista australiana che lavora per la tv cinese di Stato Cgtn. Cheng si trova ora “sotto sorveglianza in una residenza designata”. Secondo la legge cinese, un sospettato può essere tenuto in custodia per sei mesi senza un’accusa formale e senza la possibilità di incontrare un avvocato.
Nel gennaio 2019, Pechino ha imprigionato anche Yang Hengjun, un altro cronista australiano di origini cinesi: l’accusa nei suoi confronti è di spionaggio. Come notato dal Committee to Protect Journalists, organizzazione con sede a New York che promuove la libertà di stampa, la Cina è il Paese al mondo che compie più arresti di giornalisti.
Per diversi osservatori, l’arresto della reporter del Los Angeles Times è una risposta del regime cinese alla decisione di Washington di considerare alcuni media cinesi che operano negli Stati Uniti come “missioni straniere”, al pari di quelle diplomatiche. Pechino ha già reagito alla mossa dell’amministrazione Trump espellendo i corrispondenti di tre grandi testate Usa.
Alcuni analisti sostengono invece che il governo cinese stia usando gli arresti di cittadini stranieri in Cina come una forma di ricatto, così da estorcere concessioni nelle dispute bilaterali con il Paese della persona fermata. È lo stesso sistema che Pechino starebbe impiegando per ottenere la liberazione di Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei, arrestata in Canada nel dicembre del 2018 su richiesta degli Usa. Subito dopo il fermo di Meng, figlia di Ren Zhengfei, fondatore del colosso cinese delle telecomunicazioni, la polizia cinese ha arrestato e imprigionato Michael Kovrig e Michael Spavor, due cittadini canadesi.
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