Monaco tibetano si autoimmola. In mille in piazza chiedono libertà
Dharamsala (AsiaNews) - Lobsang Tsultrim, 20enne monaco tibetano, si è dato fuoco ieri pomeriggio verso le 5 di fronte al monastero di Kirti, nella città di Ngaba, nella zona tibetana della provincia del Sichuan, teatro di diverse proteste anti-cinesi e di molte autoimmolazioni. Sempre ieri, almeno mille tibetani nella vicina provincia del Qinghai hanno manifestato per le strade chiedendo la liberazione di oltre 50 monaci, arrestati il giorno precedente dalle forze di sicurezza di Pechino durante un raid al monastero. Si fa quindi sempre più aspro lo scontro fra monaci tibetani e il governo cinese, che mantiene una presenza capillare sul territorio e reprime con la forza qualsiasi forma di dissenso, con il pretesto di portare modernità e sviluppo nella regione Himalayana.
Lobsang Tsultrim (nella foto) è il 29mo monaco tibetano a darsi fuoco dal febbraio 2009. Il giovane si è auto-immolato urlando slogan anti-cinesi davanti agli uffici governativi della prefettura di Aba. Un testimone riferisce che sono "subito" intervenute le forze di sicurezza, che hanno "spento le fiamme mentre lo picchiavano in modo selvaggio", poi lo hanno "sbattuto dentro un furgone". Lobsang, aggiunge la fonte, "agitava il pugno per aria" da dentro il furgone, nel classico segno di protesta usato dai monaci contro il dominio cinese.
In contemporanea nella contea di Tongde, nella provincia di Qinghai, almeno mille tibetani sono scesi in piazza per chiedere la liberazione di 50 religiosi buddisti del monastero di Ba Shangtre, arrestati il 15 marzo per aver innalzato bandiere del Tibet, rivendicato il diritto alla libertà e all'autodeterminazione, insieme al ritorno del Dalai Lama. Testimoni oculari riferiscono che "i dimostranti hanno continuato nella loro protesta pacifica", mentre le forze di sicurezza cinesi "sono intervenute circondando l'edificio governativo". La fonte aggiunge che "non vi sono stati scontri" fra le due parti, perché i religiosi più anziani hanno chiesto di "promuovere manifestazioni pacifiche ed evitare qualsiasi forma di violenze".
Stephanie Brigden, direttrice di Free Tibet, sottolinea che "si fa sempre più pressante la richiesta di libertà dei tibetani" e "cresce anche il senso di solidarietà" fra gli abitanti della regione Himalayana. "Il tentativo della Cina di reprimere il dissenso - aggiunge - non fa altro che rafforzare la determinazione e la sfida: i tibetani si stanno svegliando [...] e rivendicano il diritto alla libertà".
Solo lo scorso anno più di 24 tibetani (almeno 27 dal 2009), fra cui moltissimi giovani, hanno scelto di auto-immolarsi per manifestare contro la rigida censura e lo stretto controllo imposto da Pechino, che sorveglia anche la pratica del culto e dispone l'apertura e la chiusura dei monasteri. Il Dalai Lama ha sempre sottolineato di "non incoraggiare" queste forme estreme di protesta, ma ha elogiato il "coraggio" di quanti compiono l'estremo gesto, frutto del "genocidio culturale" che è in atto in Tibet ad opera della Cina.