Mar Cinese meridionale: Pechino rimuove la "piattaforma della discordia" con Hanoi
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Pechino ha avviato le operazioni di rimozione della piattaforma petrolifera nel mar Cinese meridionale, causa di un grave scontro diplomatico con Hanoi degenerato poi in attacchi mirati contro multinazionali straniere di gruppi nazionalisti vietnamiti. L'impianto, posizionato in acque contese fra le due nazioni dell'Asia-Pacifico, avrebbe infatti "terminato il proprio lavoro" e sarà quindi spostato. La conferma arriva da un comunicato ufficiale diffusi in queste ore dalla China National Petroleum Corp (Cncp), responsabile delle attività di esplorazione ed estrazione, che ora procederà ad analizzare i dati raccolti in oltre due mesi e mezzo di attività.
Dietro le violenze fra Vietnam e Cina, la decisione della Cina di piazzare il primo maggio scorso una piattaforma per l'esplorazione petrolifera, nelle acque contese attorno alle isole Paracels; alla collocazione dell'impianto è seguito l'invio di navi della marina, aerei da caccia ed elicotteri al largo della costa orientale vietnamita per pattugliare la zona.
Una mossa che ha esacerbato il nazionalismo di una fetta consistente della popolazione vietnamita, che ha organizzato una serie di proteste di piazza che hanno assunto, nei giorni successivi, una deriva violenta caratterizzata da roghi e assalti, che ha causato alleno due morti e oltre 140 feriti. Anche gli Stati Uniti hanno condannato l'operazione voluta dal governo cinese, definendola "provocatoria" e "aggressiva"; essa ha dato origine anche a ripetuti scontri fra le marine di Vietnam e Cina, contraddistinte da manovre di speronamento e scambi di cannonate d'acqua.
Fonti della guardia costiera vietnamita, confermate da gruppi di pescatori locali, confermano che la piattaforma si sta muovendo verso l'isola cinese di Hainan; le operazioni di rimozione sono iniziate nella tarda serata di ieri. Nel comunicato ufficiale, la Cncp riferisce che "sono state rinvenute tracce di petrolio e gas nel corso delle operazioni" e, in base ai dati emersi, verranno decisi i "prossimi passi" da compiere. Peraltro nelle scorse settimane il governo cinese ha annunciato il proposito di piazzare altre tre piattaforme petrolifere in acque contese, suscitando nuove ire fra i nazionalisti di Hanoi.
Da tempo Vietnam e Filippine - che ha promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu - manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale; il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende isole contese - e la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel - da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori). A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. L'egemonia riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse per il passaggio dei due terzi dei commerci marittimi mondiali.