20/06/2019, 15.33
FILIPPINE
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Manila, sale a 6.600 il numero (ufficiale) delle vittime nella guerra alla droga

Duterte ammette che la situazione è fuori controllo. Le vittime sono 1.600 tra gennaio e maggio scorsi. Nelle operazioni antidroga hanno perso la vita 49 agenti di polizia e 144 sono rimasti feriti. Il col. Banac: "L'aumento è dovuto ai sospettati che oppongono resistenza armata".

Manila (AsiaNews) – Gli ultimi dati della Polizia nazionale (Pnp) portano ad oltre 6.600 il numero dei morti ufficiali nella guerra alla droga voluta dal presidente filippino, Rodrigo Duterte. Il col. Bernard Banac, portavoce della Pnp, ha dichiarato ieri che negli ultimi sei mesi hanno perso la vita 1.600 persone. La pubblicazione delle statistiche segue le ammissioni di Duterte che, in un comizio a Malabon City dello scorso 2 aprile, ha riconosciuto come la diffusione dei narcotici nel Paese sia aumentata, nonostante le violente politiche repressive. Il 12 giugno, a Cagayan De Oro City, il presidente ha confessato che la fascia di popolazione maggiormente colpita dal giro di vite è quella più povera. Gruppi di attivisti per i diritti umani chiedono un'indagine completa sulla politica antidroga dell'amministrazione: che secondo gli attivisti, essa è responsabile di ben 30mila morti – comprese quelle per mano di "vigilanti".

Dopo aver vinto la presidenza nel luglio del 2016, il presidente Duterte ha lanciato una guerra senza precedenti ai narcotici illegali, con la promessa di uccidere decine di migliaia di criminali. Il 27 novembre 2018, l'Agenzia filippina antidroga (Pdea) – dipartimento che opera sotto la diretta supervisione dell'Ufficio presidenziale – ha pubblicato un rapporto che certificava la morte di 4.999 "personalità legate alla droga". Il col. Banac ha dichiarato ieri che a questo numero si sono aggiunte "almeno" altre 1.600 vittime, tra gennaio e maggio scorsi. "L'aumento è dovuto ai sospettati che hanno opposto resistenza armata agli agenti", ha spiegato il portavoce della polizia a quanti chiedevano le ragioni del picco. L'ufficiale ha aggiunto che nelle operazioni condotte negli ultimi sei mesi, sono morti 49 agenti di polizia e 144 sono rimasti feriti.

La Chiesa cattolica è tra le poche voci che denunciano la violenza della guerra di Duterte alla droga. In risposta alle critiche sulle uccisioni extragiudiziali, Duterte ha più volte lanciato duri attacchi a vescovi e sacerdoti. Il numero crescente di morti rilancia le richieste degli attivisti per un'indagine completa da parte della Corte penale internazionale (Cpi) o del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc). Nel marzo 2018, il governo delle Filippine ha comunicato in via ufficiale la decisione di abbandonare lo Statuto di Roma, trattato istitutivo della Cpi. Il tribunale per i crimini internazionali, con sede all'Aia (Paesi Bassi), aveva lanciato il mese precedente un'inchiesta preliminare sulle accuse di crimini contro l'umanità nelle operazioni antidroga di Manila.

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