L’incontro dei vescovi indonesiani con papa Francesco
Questa settimana i 37 presuli sono in Vaticano per la visita ad limina apostolorum. Seppur minoranza, la Chiesa indonesiana è animata da vivacità e grande partecipazione dei fedeli. I vescovi sono impegnati in una “Evangelizzazione pastorale creativa”. Mons. Suharyo: “Ottimista per il futuro dei cattolici”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – In Vaticano per la visita ad limina apostolorum, quest’oggi 37 vescovi indonesiani hanno celebrato una messa con papa Francesco. Ieri il pontefice ha accolto la richiesta dopo un incontro in cui i presuli hanno illustrato e dibattuto sulla loro missione ecclesiale. ‘Perché no!? – ha affermato il papa –. Venite da così lontano e non siete qui ogni settimana’. È quanto ha raccontato ad AsiaNews mons. Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo (nella foto 1 al centro), arcivescovo di Jakarta e presidente della Konferensi Waligereja Indonesia (Kwi) – la Conferenza episcopale indonesiana.
“Ieri abbiamo incontrato papa Francesco – dice mons. Suharyo –. Il nostro colloquio con il pontefice è stato speciale, unico. Il papa ci ha detto: ‘Fatemi le domande che volete’. Tra i principali temi che abbiamo portato alla sua attenzione vi è la traduzione dei testi liturgici: sono circa 10 anni che con grandi difficoltà tentiamo di riscriverli dal latino all’indonesiano. Tra noi vi è una differenza di opinioni sul metodo da utilizzare: alcuni propongono una traduzione letterale dei brani, altri una ad sensum. Papa Francesco ha affermato con chiarezza che spetta alla Conferenza episcopale deliberare sulla questione e stabilire quale linea comune seguire”.
Nel Paese islamico più popoloso al mondo, i cattolici sono una minoranza. Secondo le statistiche del governo essi sono circa 7,5 milioni e rappresentano quasi il 3% della popolazione. Ciò nonostante, la Chiesa indonesiana è animata dalla vivacità dei propri leader e dalla grande partecipazione dei fedeli alle attività religiose. Mons. Suharyo afferma: “L’impegno sociale della Chiesa indonesiana non si limita ai campi missionari tradizionali. Ogni anno organizziamo una conferenza di tre giorni, in cui i membri della Kwi studiano, tentano di comprendere i segni dei tempi per poi trovare le riposte più consone. È quella che chiamiamo ‘Evangelizzazione pastorale creativa’”.
“Il popolo indonesiano – prosegue l’arcivescovo di Jakarta – è in genere molto religioso. Questo è soprattutto merito dei musulmani. Essi sono ben consapevoli dei rischi che derivano dal secolarismo. Sono convinto che nei prossimi anni anche i cattolici rimarranno saldi nella fede. Sapremo raccogliere i frutti del nostro impegno nel campo dell'educazione e nella promozione della famiglia come luogo per far crescere la coscienza religiosa dei bambini. È una grande sfida, ma sono molto ottimista”.
Il contesto islamico in cui sono immersi i cattolici è molto diverso da quello mediorientale: i musulmani indonesiani seguono una corrente chiamata Islam Nusantara (l’islam dell’Arcipelago). Essa incorpora cultura, tradizioni e sapienza locali; moderazione e tolleranza sono tra le caratteristiche distintive. “Seppur fenomeno ancora marginale, il radicalismo è un pericolo reale: lo hanno dimostrato nel 2017 le elezioni per il governatore di Jakarta e le manifestazioni di protesta contro Ahok, candidato cristiano che già amministrava la capitale. Seppur triste, questa vicenda è stata una benedizione perché ha consentito ai nemici del Paese di mostrare il proprio volto. Chissà per quanto tempo ancora si sarebbero nascosti, covando il loro fanatismo! Vi sono personaggi che da decenni tramano per cambiare il Paese e distruggere la Pancasila, dottrina pluralista su cui si fonda lo Stato”.
Nelle ultime settimane, i disordini che hanno sconvolto Jakarta tra il 21 ed il 22 maggio scorsi hanno evidenziato le spinte islamiste nella vita politica. Le violenze sono seguite alla pubblicazione dei risultati elettorali, che hanno sancito la sconfitta di Prabowo Subianto – sostenuto da radicali e formazioni conservatrici – e la riconferma del presidente Joko Widodo, musulmano moderato.
“I fondamentalisti – spiega mons. Suharyo – pensano che questo sia il momento migliore per attentare alla democrazia: i loro militanti sono aumentati, possono contare su ex militari ed hanno già riportato una vittoria con la vicenda Ahok. Durante questa campagna elettorale, hanno provato a riproporre la stessa strategia ma hanno fallito. A questo ha contribuito la mossa del presidente Widodo, che ha scelto il religioso islamico Ma'ruf Amin come vice. In un primo momento i cristiani non approvavano questa nomina. Ma dopo l’annuncio, Widodo ci ha fatto visita negli uffici della Kwi. Egli ci ha spiegato che la designazione era dettata da opportunità politiche e che Ma'ruf non avrebbe impresso alla sua amministrazione una svolta islamista. Era la prima volta che un presidente veniva a trovarci nella sede della Conferenza episcopale. È stato davvero un bel gesto”.
05/03/2018 08:37