30/08/2021, 12.51
FILIPPINE-CINA-USA
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Lotta di potere tra Duterte e il pugile Manny Pacquiao: Washington e Pechino osservano

In vista delle elezioni, il presidente in carica e il famoso boxeur si contendono la leadership del partito al potere. Non ricandidabile, il filo-Pechino Duterte correrà come vice presidente. Gli Usa puntano su Sarah Duterte, figlia del capo dello Stato. Con cambio di orientamento a Manila, i cinesi potrebbero diventare più aggressivi nel Mar Cinese meridionale.

Manila (AsiaNews) – In vista delle presidenziali del prossimo maggio, il presidente filippino Rodrigo Duterte e il campione di pugilato Manny Pacquiao si scambiano colpi per il controllo del Pdp-Laban. La faida interna al partito al potere nelle Filippine è vista con attenzione da Cina e Stati Uniti. Pechino vorrebbe la continuazione della politica di Duterte, che ha puntato tutto sul rafforzamento delle relazioni con i cinesi (in cambio di investimenti arrivati solo in parte), malgrado la tradizionale alleanza del suo Paese con Washington.

Le fazioni contrapposte del Pdp-Laban capeggiate da Duterte e Pacquiao manovrano per eleggere un proprio rappresentante alla guida del partito. Il presidente filippino non può ricandidarsi per un secondo mandato; la scorsa settimana ha annunciato però di voler correre come vice presidente.

Pacquiao deve ancora confermare se si candiderà alle presidenziali. Egli ha rivelato nei giorni scorsi che prenderà una decisione il mese prossimo. Il famoso pugile ha criticato spesso Duterte, accusandolo di essere troppo debole con la Cina riguardo alle dispute territoriali nel Mar Cinese meridionale.

Sin dalla sua elezione nel 2016, Duterte ha costruito un rapporto privilegiato con la Cina. A differenza del suo predecessore Benigno Aquino III, l’uomo forte di Manila ha cercato di ridurre le tensioni con i cinesi, decidendo di ignorare una sentenza della Corte internazionale di arbitrato dell’Aia, che ha definito “senza basi legali” le rivendicazioni cinesi su quasi il 90% del Mar Cinese meridionale.

Manila, insieme a Vietnam, Malaysia, Brunei, Taiwan (e in parte l’Indonesia), si oppone alle pretese territoriali cinesi. Ciò non ha impedito a Pechino di militarizzare alcune isole e banchi coralliferi dell’area. Per contenere l’espansione cinese, le navi da guerra degli Stati Uniti compiono regolari pattugliamenti nei pressi di questi avamposti militari.

Appena eletto, Durtere aveva annunciato la “separazione” del Paese dall’alleato statunitense. La sua posizione si è ammorbidita nel tempo: a fine luglio egli ha abbandonato l’idea di  cancellare il Visiting Forces Agreement che permette alle forze Usa di operare nelle Filippine.

Visti i suoi rapporti con il governo cinese, Washington preferirebbe vedere un oppositore di Duterte alla presidenza. O comunque una figura più “amichevole”, come Sarah Duterte, figlia del presidente e sindaco della città di Davao. Rispetto al padre, la leader del partito regionale Hugpong ng Pagbabago ha posizioni più vicine agli Stati Uniti. Ella non ha ancora chiarito però se concorrerà alle presidenziali.

Secondo Collin Koh, esperto di questioni militari della Scuola di studi internazionali S. Rajaratnam di Singapore, con un presidente filippino filo-Usa la Cina potrebbe tentare di modificare lo status di Scarborough Shoal. Il banco sabbioso è occupato da Pechino dal 2012, ma è rivendicato da Manila. Per conservare buoni rapporti con Duterte, i cinesi hanno evitato finora di fortificare e militarizzare l’affioramento nel Mar Cinese meridionale. “La situazione – dice Koh ad AsiaNews -  potrebbe cambiare se la Cina percepisse un cambio di orientamento nell’elettorato filippino a ridosso delle presidenziali”.

Koh sottolinea che un’azione cinese a Scarborough Shoal metterebbe alla prova l’impegno Usa verso le Filippine. Il ricercatore precisa però che è sbagliato dare troppa enfasi a un rovesciamento politico a Manila: “Anche se si insedierà un’amministrazione filippina più disponibile verso Washington, essa manterrà stretti legami economici con la Cina, considerata partner vitale per la ripresa post-pandemia”.

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