Leader uiguro fermato in Italia: un 'piacere' alla Cina
Dolkun Isa, uno dei leader di un’importante associazione di uiguri in esilio, è stato fermato a Roma, mercoledì 26 luglio, su richiesta del governo cinese, da un'unità speciale della polizia italiana (Digos). E' segnalato all'Interpol guidata dal viceministro della pubblica sicurezza della Cina Meng Hongwei. Era già stato fermato a New York, in Corea del Sud, in Turchia e in Svizzera. La Germania invece gli ha concesso la cittadinanza.
Roma (AsiaNews/Agenzia) - Dolkun Isa, uno dei leader di un’importante associazione di uiguri in esilio è stato fermato mercoledì 26 luglio, su richiesta del governo cinese, da un'unità speciale della polizia italiana. Si accingeva a parlare delle restrizioni che il suo gruppo etnico sta affrontando, su pressione dell’Amministrazione cinese, in una conferenza stampa a Roma presso il Senato della repubblica.
Alle 11.45, il segretario generale del Congresso mondiale uiguro a Monaco di Baviera, Dolkun Isa, è stato avvicinato da 15-20 membri della Divisione investigazioni generali e operazioni Speciali (Digos) che gli hanno chiesto di accompagnarlo in questura.
Isa ha informato i funzionari che doveva intervenire alla conferenza stampa organizzata dal Partito Radicale in qualità di ospite del senatore liberale Luigi Compagna. Ma gli ufficiali lo hanno caricato su un’auto e lo hanno portato in una vicina stazione di polizia. Durante il tragitto Isa, che è un cittadino tedesco, ha informato il suo avvocato tedesco e le autorità tedesche della sua detenzione mediante il suo cellulare.
La polizia ha controllato l’identità di Isa rilevando le impronte digitali e scattando alcune foto segnaletiche. Alle 15 lo ha rilasciato dicendo che avrebbe verificato le informazioni sul database dell’Interpol (Organizzazione internazionale di polizia), l'organizzazione intergovernativa a livello mondiale che facilita la cooperazione delle varie polizie.
Quando Isa ha chiesto di sapere perché è stato fermato, gli ufficiali della Digos lo hanno informato che avevano agito su richiesta della Cina che si oppone alla attività politica degli uiguri che vivono in esilio dalla loro patria nella regione autonoma dello Xinjiang. Isa ha spiegato alla Digos che l'Interpol aveva emesso un avviso internazionale su di lui diversi anni fa, in base a ciò che egli ha definito una "richiesta immotivata e senza fondamento" dal governo cinese. L'avviso è stato poi respinto dalle autorità tedesche che lo hanno considerato in esilio politico e gli hanno concesso la cittadinanza.
Isa ha anche spiegato ai funzionari italiani della Polizia che nel novembre 2016 il viceministro della Sicurezza pubblica della Cina Meng Hongwei è stato eletto presidente di Interpol. Dunque chiedere a Interpol di eseguire un controllo sul suo background “è come chiedere al governo cinese" di farlo.
Isa ha riferito a Radio Free Asia che è stato trattato bene durante le ore in cui è stato in custodia e ha espresso gratitudine al governo tedesco per il suo intervento. Ha inoltre ringraziato i membri del Senato italiano e del Partito radicale nonviolento. Tuttavia ha condannato ciò che ha definito "l'influenza del governo cinese" sull'Europa democratica.
Il presidente della commissione Affari Esteri del Senato italiano, Pier Ferdinando Casini, ha affermato: «Si tratta di un’iniziativa di singoli parlamentari che contrasta con il rapporto, forte e leale che esiste tra Italia e Cina, come dimostrano le recenti visite a Pechino delle più alte cariche istituzionali italiane».
"Le Nazioni del mondo libero non dovrebbero permettere alla Cina di interferire nei propri affari interni e di lasciare che la Cina utilizzi l'Interpol come uno strumento per raggiungere obiettivi illegittimi", ha spiegato Isa. "La Cina non può mettere in silenzio la mia voce o interrompere il mio pacifico attivismo per i diritti umani a nome del popolo Uiguro sofferente nel Turkestan orientale", ha aggiunto, riferendosi al nome della repubblica che ebbe breve durata e che ora il governo cinese amministra come Xinjiang. "So che la Cina continuerà a demonizzare e tentare di impedirmi di parlare dei suoi crimini commessi contro il popolo Uiguro che ama pace ... ma non mi fermerò finché gli uiguri non potranno godere della democrazia e della libertà".
L’incidente è avvenuto a meno di tre mesi di distanza da un episodio simile che Isa ha vissuto a New York dove è stato fermato davanti alla sede Onu dalle guardie di sicurezza che gli hanno impedito di parlare in una manifestazione pubblica. Non era la prima volta. Il leader uiguro era già stato fermato in Corea del Sud, in Turchia e in Svizzera.
Quella uigura è una minoranza musulmana (un tempo maggioritaria in Xinjiang) che Pechino ha provato a combattere prima mandando i cinesi han nella regione, poi provando a ottenere il riconoscimento internazionale di «terrorismo» giustificato dalla partecipazione di alcuni uiguri (i numeri più credibili parlano di poche centinaia) alle azioni dell’Isis. Ma il Congresso uiguro ha ben poco a che fare con questi gruppi. E Dolkum Isa ha il passaporto tedesco. Dunque è un caso piuttosto anomalo considerando il suo status di cittadino europeo a tutti gli effetti.
Al quotidiano comunista, Il Manifesto, il radicale italiano Maurizio Turco ha raccontato che la sua conferenza stampa doveva essere nel palazzo del Senato, ma poi su indicazione del presidente Pietro Grasso è stata fissata in una sede distaccata: “Non pochi hanno tentato di smarcarsi da questo evento, forse per eccesso di zelo per la potenza cinese, sempre più in grado di applicare il proprio «soft power» perfino a distanza”, ha commentato.
“E’ chiaro che questo episodio ridicolo e preoccupante”, ha continuato, “è stato ispirato dalla crescente aggressività della diplomazia di Pechino. Che solo tre settimane fa aveva già fatto in modo che il ministero dell’Interno italiano negasse il visto a tre monaci tibetani che dovevano recarsi al loro monastero di Pomaia, in Toscana, per partecipare al Festival del Tibet”.
Dolkun Isa è al numero tre nella lista di proscrizione cinese fra gli uiguri all’estero. Ma nella conferenza stampa che si è tenuta nella sede dei radicali italiani ha spiegato di non aver mai posseduto un’arma in vita sua e di aver visto azioni terroristiche solo nei film.
Di certo non va meglio agli uiguri rimasti in patria. Le autorità nella regione dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, sono giunte ad impedire ai musulmani uiguri di fare digiuno e pregare durante il mese sacro del Ramadan, infiltrando nelle loro abitazioni dei funzionari cinesi per controllare. E dal 15 luglio è obbligatorio per tutti gli uiguri installare sui cellulari un’applicazione che consente a Pechino di metterli tutti sotto controllo.
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